Il figlio di Goethe
Nel 1830 lo scrittore mandò il figlio August a fare un viaggio in Italia. Ma la sua salute era già compromessa: morì pochi giorni dopo essere arrivato a Roma, dove è sepolto nel cimitero degli inglesi
Voglia il signor Manzoni essere così gentile da ricevere il figlio di Goethe con il suo compagno, il dottor Eckerman; portano i miei più gentili saluti.
Così Goethe, nell’aprile del 1830, scriveva ad Alessandro Manzoni, preannunciando all’autore de I promessi sposi che presto avrebbe ricevuto la visita di suo figlio August, in procinto di intraprendere anche lui, come il padre e come il nonno, un viaggio in Italia.
Facciamo un po’ come nei film, quando alla fine si riassume cosa è accaduto ai protagonisti dopo le vicende raccontate. Ecco, Goethe era tornato a Weimar dopo il suo viaggio del 1786-87. L’Italia lo aveva profondamente cambiato e in effetti poco dopo il suo ritorno iniziò una relazione stabile con Christiane Vulpius, una ragazza di 23 anni, figlia di un archivista, che in quel momento si trovava in serie difficoltà economiche. Anche per questo era vista male nella cerchia di Goethe e i due non si sposarono fino al 1806. Nel frattempo avevano già avuto cinque figli, di cui l’unico sopravvissuto fino all’età adulta fu il primogenito August, nato nel 1789 - come abbiamo visto qualche puntata fa, Goethe fece una capatina a Venezia quando il figlio aveva pochi mesi, un viaggio di cui lo scrittore avrebbe fatto volentieri a meno: avrebbe preferito godersi un po’ la famiglia.
Le cronache ci descrivono August come un uomo dal temperamento malinconico, cresciuto all’ombra del padre. Gli fece da segretario prendendo il posto della madre Christiane, morta nel 1816 - probabilmente per cause legate all’abuso di alcol. In effetti in casa Goethe tutti bevevano parecchio, e anche la non meglio identificata malattia che colpì August nel 1829 è probabilmente legata al bere. In ogni caso fu proprio “per la sua salute” che Goethe decise di mandare suo figlio in viaggio verso l’Italia, e di farlo accompagnare da un fedele amico e collaboratore, il dottor Johann Peter Eckermann. A Weimar rimasero invece la moglie di August, Ottilie von Pogwisch, e i loro tre figli.
August partì nell’aprile del 1830 diretto a Milano, dove effettivamente fece visita ad Alessandro Manzoni1. Goethe aveva chiesto al figlio di tenere un diario e di spedirgliene regolarmente le pagine. Ma August non diceva tutto al padre. Da Milano scrisse alla moglie Ottilie:
Ho lasciato Weimar così malato che non credevo sarei riuscito ad arrivare a Francoforte vivo. Con tutti gli sforzi degli ultimi otto giorni i miei problemi sono peggiorati tanto che sono salito sul postale in una condizione disperata.
E August non aveva smesso di bere. In un’osteria milanese, scrisse nel suo diario, “abbiamo mangiato una cotoletta e bevuto un vino così buono da sembrarmi champagne”. Certo, se l’obiettivo del viaggio era smetterla con l’alcol, forse l’Italia non era proprio la destinazione migliore. Il suo compagno di viaggio, Eckermann, presto lo abbandonò, forse disperando di poterlo aiutare, e se ne tornò in Germania. August si ritrovò da solo “in uno strano mondo”.
Nel 1830 Goethe padre aveva 80 anni, Goethe figlio 40. Credo che la relazione non paritaria tra i due si noti nelle lettere che Johann Wolfgang scriveva al figlio. Sono piene di consigli che però a volte diventano istruzioni, e mi sembra abbastanza evidente che lo scrittore voleva che il figlio vedesse l’Italia proprio come l’aveva vista lui tanti anni prima.
Tutto quello che voglio che tu faccia è digerire tutto, nel corpo e nella mente. Tutti i piaceri carnali e spirituali sono salubri se si sa come usarli…
Sto preparando qualcosa da mandarti a Roma, presumo che andrai lì. […] Lasciami dire in modo esplicito e e solenne che sarò davvero molto felice di leggere nel tuo diario il resoconto del tuo ingresso da Porta del Popolo.
Ma August girò molte altre città e impiegò molti mesi prima di decidersi a entrare a Roma. Dopo Milano, August visitò Venezia e Genova. A luglio, a La Spezia, la carrozza su cui viaggiava si ribaltò e August si fratturò la clavicola: fu costretto a rimanere nella città ligure per circa un mese. Ad agosto era guarito, visitò Carrara, Firenze e Livorno, da dove si imbarcò per Civitavecchia e da lì - saltando Roma - per Napoli. Chissà se August lo faceva apposta per indispettire il padre? Altre istruzioni di Goethe:
Nel tuo tour al sud, che tu vada via Lodi, Piacenza, Parma, Reggio, Bologna e Ravenna fino all’Adriatico, oppure se vieni da Rimini sulla costa dov’è Loreto e poi verso Roma, sta a te deciderlo […]
Devi sempre ricordare a te stesso che il tuo obiettivo è assorbire un grande mondo e di liberare la mente da ogni frustrante limitazione. Devi convincerti che con questo bene in mente non è importante se salti qualche perlina del rosario.
Quando finalmente August entrò a Roma era ormai ottobre, e non lo fece da Porta del Popolo, da dove Goethe era passato tanti anni prima coronando un sogno, ma da Porta San Giovanni. Nonostante tutto, scrisse al padre: “Il mio più grande desiderio è realizzato!”. Era il 21 ottobre. In pochissimi giorni August si ammalò e, il 27 ottobre, morì.
Qui non so bene di che fonti fidarmi. Su Wikipedia si parla di vaiolo, mentre l’articolo su cui mi sono basato2 per scrivere queste righe si fa in quattro per dimostrare che la causa della morte fu l’alcolismo. In effetti si citano resoconti di medici, di autopsie e di vari importanti tedeschi presenti a Roma in quel periodo. Pare che il fegato di August fosse grande cinque volte più del normale e che la sua morte fosse solo questione di tempo già al momento della partenza da Weimar. È anche possibile che il vaiolo abbia agito su un fisico già compromesso dal bere.
Ma soprattutto, pare che Goethe sapesse che ad August non rimaneva molto da vivere. E a questo punto si potrebbero fare tante ipotesi. Forse Goethe aveva convinto il figlio a fare quel viaggio per non vederlo morire davanti ai suoi occhi. E forse aveva insistito tanto perché arrivasse a Roma in fretta per saperlo in quella città che aveva amato tanto. E saperlo riposare in quel cimitero accanto alla Piramide, “nel luogo in cui suo padre era solito dilungarsi, in sogni poetici, prima che lui nascesse”.
La tomba di August si trova tuttora nel cimitero acattolico di Roma, a pochi passi di distanza da quelle di Shelley e Keats e di tanti altri personaggi che abbiamo incontrato in questa newsletter. Sulla lapide, un bassorilievo dello scultore danese Bertel Thorvaldsen ritrae il profilo di August.
Goethe e Manzoni si erano scritti già diverse volte: lo scrittore tedesco aveva apprezzato Il Conte di Carmagnola e I promessi sposi, e aveva anche tradotto Il cinque maggio.
“To die in Rome: Goethe and his son August” di Roberto Zapperi.
Ma che articolo magnifico! Mi è uscito ieri per caso nella home e basta, mi iscrivo! Magnifico!
Mi affascinano sempre moltissimo questi spaccati di vita quotidiana di grandi personaggi del passato. Se poi a questo si aggiungono anche litigi familiari… be' allora vado proprio in brodo di giuggiole :)