Arrivare senza viaggiare
Caspar David Friedrich non viaggiò mai e per principio rifiutò di visitare l'Italia, eppure nel suo "Il viandante sul mare di nebbia" riuscì a dipingere lo spirito che animava molti viaggiatori
Ora che non ho più tavole da disegnare per il mio fumetto - ma il lavoro non è finito, ci sono mille cose da correggere e tanto da colorare - comincio a pensare a un disegno per la copertina. C’è naturalmente un’immagine che mi ha accompagnato fin dall’inizio di questo lavoro, è il celebre dipinto Il viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich.
Tutti conosciamo questa immagine, che nel corso dei secoli è stata reinterpretata in vari modi, anche nel fumetto (vedi la copertina di Heimat di Nora Krug). Friedrich la dipinse nel 1818, proprio nel periodo in cui è ambientato gran parte del mio libro: Stendhal, Byron e gli Shelley erano tutti in Italia, Goethe invece aveva appena pubblicato la prima parte del suo Viaggio in Italia (anche se il viaggio lo aveva fatto molti anni prima, nel 1786-87).
Insomma l’Italia andava di gran moda, soprattutto in Germania. Quasi tutti i pittori tedeschi dell’epoca dovevano fare un viaggio in Italia. Tutti tranne Caspar David Friedrich. Ecco cosa rispose nel 1816 al suo amico Johan Ludwig Lund, pittore danese, che lo aveva invitato a Roma:
Grazie per il tuo gentile invito a Roma, ma confesso liberamente che non ho mai voluto andarci. Ora, però, dopo aver sfogliato alcuni dei quaderni di Mr Faber [credo si riferisca al pittore tedesco Johann Joachim Faber], ho quasi cambiato idea. Ora riesco a vedere che potrebbe essere molto bello andare e vivere a Roma. Ma non posso contemplare senza orrore il pensiero di tornare di nuovo al Nord; sarebbe, immagino, come seppellirsi vivi. Mi accontento di rimanere nello stesso posto, senza lamentarmi, se il fato vuole così; ma tornare indietro è contro la mia natura, il mio intero essere si rivolta contro questa idea.
Friedrich era nato nel 1774 a Greifswald, all’estremo nord della Germania (tanto che allora faceva parte della Pomerania svedese), ma dall’età di 24 anni si era stabilito a Dresda, da cui non si spostò mai. Non visitò mai neppure il sud della Germania. L’unico viaggio che progettò, ma non fece, fu verso l’Islanda. Non so quanto Friedrich fosse sincero nella lettera qui sopra, ma un po’ posso capire questa paura di mettersi in viaggio, che poi è paura di cambiare in modo irreversibile, secondo me. O magari mi sbaglio e Friedrich la pensava come George Harrison, che in The Inner Light, una delle canzoni indianeggianti dei Beatles, cantava “Without going out of my door
I can know all things on Earth” (“Senza uscire dalla mia porta posso conoscere tutte le cose sulla Terra”).
Tuttavia il pittore aveva un altro motivo per rifiutare di visitare l’Italia, un motivo legato all’arte. In un suo saggio del 1830 se la prese molto con gli artisti tedeschi che, a suo parere, si perdevano viaggiando in Italia:
Il nostro sole tedesco, la luna e le stelle, le nostre rocce, gli alberi e le piante, le nostre pianure, i laghi e i fiumi non sono più abbastanza per questi giudici dell’arte. Tutto deve essere italiano perché si possa parlare di grandezza e bellezza.
Se [Ernst Ferdinand Oehme] non avesse viaggiato a Roma, avrebbe potuto progredire nell’arte. È migliorato molto da quando è tornato da lì. A Roma ha anche reso omaggio alla moda ed era un seguace di [Joseph Anton] Koch, un ex studioso della natura.
Più che con l’Italia, Friedrich ce l’aveva con la moda dell’Italia e in particolare con i pittori tedeschi del movimento dei Nazareni, che si erano trasferiti in blocco a Roma all’inizio dell’800 e si rifacevano agli artisti italiani del ‘400, dal primo Raffaello a Beato Angelico. Il manifesto di questo movimento è Italia e Germania, dipinto da Friedrich Overbeck nel 1828.
Siamo proprio anni luce distanti da Friedrich, che invece stava riscoprendo le atmosfere gotiche e definendo l’immaginario del Romanticismo, insomma quanto di più lontano dal classicismo dei Nazareni. I suoi dipinti raffigurano spesso una natura inquieta, paesaggi nordici, albe o tramonti, gentiluomini in contemplazione ritratti di spalle. Poi all’improvviso spunta un dipinto “italiano”, in cui Friedrich raffigura il Tempio di Giunone ad Agrigento.
Non si sa perché Friedrich decise di fare questa eccezione, ma sappiamo che prese l’inquadratura da un disegno di Carl Ludwig Frommel, probabilmente visto nel libro Voyage pittoresque en Sicile (1826). Il soggetto è così insolito nella produzione di Friedrich (peraltro sterminata) che per molto tempo fu attribuito a un suo amico, il pittore Carl Gustav Carus, che nel 1828, lui sì, era stato in Italia. In realtà nemmeno Carus arrivò mai ad Agrigento, si spinse solo fino a Paestum.
Ma appunto, mentre Friedrich si ostinava a rimanere a Dresda, altri pittori suoi amici viaggiavano in Italia, senza per questo diventare dei Nazareni. Anzi mi ha stupito trovare nella loro produzione gli stessi motivi dei dipinti di Friedrich. Anche Carus ad esempio dipinse un viandante:
Questi viaggiatori/vagabondi ripresi di spalle e intenti a contemplare un paesaggio erano evidentemente un soggetto amatissimo dai pittori romantici tedeschi, che li declinavano in vari modi. Ecco un altro dipinto di Carus in cui vediamo Raffaello e Michelangelo che osservano Roma.
Molto simile al dipinto di Friedrich qui sotto, Due uomini contemplano la luna. In questo caso però i soggetti sono lo stesso Friedrich e il suo allievo August Heinrich.
A quanto pare era consuetudine tra questi pittori rappresentarsi a vicenda nei rispettivi dipinti, ma sempre rigorosamente di spalle. E in questo modo il pittore danese Johan Christian Dahl riuscì in qualche modo a trascinare il sedentario Friedrich in Italia, inserendolo nel suo dipinto Un’eruzione del Vesuvio.
Ma dove sarebbe Friedrich? - direte voi. È una delle due figurine piccolissime sull’orlo del cratere, quella sulla destra, e posso assicurare che ha la stessa posa dello schizzo qui sotto, in cui Dahl ha annotato “Prof Friedrich figur”. Aggiungo che Dahl e Friedrich erano grandi amici e vissero insieme a Dresda per molti anni.
Come al solito mi sono perso in queste storie di pittori ottocenteschi e non ho più pensato alla copertina, sarà per una prossima newsletter.
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Io in islanda ci sono stata, ed è un paese meraviglioso, di quelle meraviglie impensabili nel Mediterraneo. E’ bello guardare l’Italia attraverso questi dipinti; ne viene esaltato tutto il fascino naturale. Ma se il viaggio vuol dire sostituire un paese ad un altro, allora questo Caspar aveva ragione, anzi; il viaggiare dovrebbe rinforzare la propria appartenenza ad una terra. A me è successo 😘