Avvertenze per l'uso del nome Pietro
Una volta quasi in disuso, da qualche tempo è forse anche troppo di moda, ma è un nome importante e bisogna saperlo portare
Sto leggendo Orbital di Samantha Harvey, il romanzo vincitore del Booker Prize nel 2024. È ambientato nella Stazione spaziale internazionale e tra gli astronauti/cosmonauti che compongono l’immaginaria squadra a bordo c’è anche un italiano. Da quello che so fino a pagina 25, è un po’ il cervello dell’astronave, e proprio come me viene dall’Emilia-Romagna e si chiama Pietro (non Peter, o Pete, proprio Pietro). So che è stupido inorgoglirsi per un fatto del genere, in fondo non ho scelto io di chiamarmi Pietro, tuttavia non posso farne a meno. Ma soprattutto sono molto colpito dal fatto che questo nome, che nella mia esperienza è sempre stato molto raro, ora sia tornato di moda e sia finito addirittura addosso a un personaggio di un best seller globale. Ora ci sono un sacco di giovani Pietro in giro: per cui ho pensato usare i miei decenni di esperienza nel portare questo nome per scrivere alcune avvertenze per i nuovi Pietro e anche per chi sta valutando se chiamare Pietro un figlio.
Oblio e fortuna del nome Pietro
Da bambino, da ragazzo e direi fin quasi ai 30 anni, ero sempre l’unico a chiamarmi Pietro. Era un nome raro, fuori moda, forse un po’ troppo serio e importante. Per anni mi sono chiesto come doveva essere chiamarsi invece Andrea in mezzo a tanti Andrea, o Alessandro in mezzo a tanti Alessandro; dover abbreviare o aggiungere l’iniziale del cognome per non essere confusi con un omonimo; non avere problemi a trovare il proprio nome tra i souvenir più assurdi (braccialetti, tazze, magliette), quelli che si vendono nemmeno negli autogrill ma nei più improbabili distributori di benzina. Erano pochissimi anche tra i personaggi famosi a chiamarsi Pietro: da bambino ricordo Pietro Vierchowod, un calciatore della Sampdoria che però all’epoca mi sembrava vecchissimo e poi era un difensore, uno stopper, cosa che contribuiva a rendere molto serio il nostro nome.
Le cose hanno cominciato a cambiare verso la fine degli anni ‘90, quando nel film Aprile (1998), e anche nella realtà, Nanni Moretti chiamò suo figlio Pietro. Ma sul momento anche questo Pietro era un’eccezione: non sapevo che tanti giovani genitori stavano già seguendo l’esempio di Moretti, e nel giro di pochi anni sarebbero spuntati molti nuovi Pietro. Non mi era mai capitato di girarmi per strada sentendo chiamare un “Pietro!!” che non ero io, e invece da qualche anno succede spesso, perché a quanto pare questi giovani Pietro sono tutti bambini pestiferi.
Frasi che ogni Pietro si è sentito dire
Non credo ci siano molti nomi propri immediatamente associabili a modi di dire o frasi celebri, invece per il nome Pietro ce ne sono diversi, e ricordo che da ragazzino, quando venivo presentato a qualcuno (classicamente qualche adulto, di solito un lontano parente o un amico di vecchia data dei miei genitori) il mio interlocutore era preso da un impulso irresistibile a citare una di queste frasi. La più banale e scontata sarebbe “Pietro torna indietro”, ma, voglio dire, bisogna essere particolarmente maleducati per usarla: devo ammettere che non mi è capitato quasi mai, nemmeno all’asilo o alle elementari (del resto se ci pensate è una frase senza senso).
Invece è quasi inevitabile, nel corso della vita di un Pietro, sentirsi recitare la frase di Gesù: “Pietro tu sei Pietro e su questa pietra costruirò la mia chiesa”. Parole a cui è impossibile replicare qualsiasi cosa, ma che in compenso fanno sentire un gravoso senso di responsabilità, come se improvvisamente un macigno pesasse sulle nostre spalle. Però è interessante che nemmeno l’apostolo e futuro santo si chiamasse in realtà Pietro: lui era Simone, e Pietro è una specie di nome d’arte affibbiatogli da Gesù, come avrebbe potuto pronunciare quella frase sennò?
In anni più recenti un’altra frase si è aggiunta a questa rassegna, stavolta “fatta in casa”. Me la ripete immancabilmente, ogni volta che mi vede, il signore (di una certa età) che ogni anno mi insegue per rinnovare la mia tessera Anpi. È la frase che disse una volta a Pietro Ingrao, una delle figure più importanti della sinistra del PCI: “Pietro! Sempre avanti e mai indietro!”. Anche questa porta con sé un bel carico di responsabilità, come se dovessi avere un ruolo fondamentale in una futura rivoluzione socialista.
Bene, se anche voi vi chiamate Pietro, il mio consiglio è di non scomporsi davanti a queste e altre citazioni: lasciate che vengano recitate, evidentemente le persone ne sentono il bisogno. Non replicate, e soprattutto cercate di non prendervi sulle spalle il peso del mondo.
Diminutivi e vezzeggiativi
Uno dei vantaggi del nome Pietro è che è un nome corto, e non porta con sé scontati diminutivi. Le persone devono inventarsi qualcosa per ridurlo o vezzeggiarlo in qualche modo. Io ho ereditato questo nome dal mio nonno paterno, che mia nonna chiamava inspiegabilmente Pierino (lei invece si chiamava Anna, come mia sorella, ma lui la chiamava Nina). Questa confusione tra Pietro/Piero è propria di tutta una categoria di persone che non vogliono o non ce la fanno a usare il suono tr: forse gli sembra troppo duro? Sta di fatto che anche persone che mi conoscono da quando sono nato hanno sempre continuato a chiamarmi Piero. Cosa che ho sempre trovato fastidiosissima ma che col tempo ho imparato ad accettare. Invece mi piace la pronuncia di quel tr con la r moscia: può essere, a seconda di chi parla, una cosa dolce, buffa o a volte anche sexy.
Tra le persone abbastanza intime da diminuire il mio nome, potrei identificare due categorie: quelli che mi chiamano Piè e quelli che mi chiamano Piotre. Piè non ha bisogno di spiegazioni, non so invece chi sia stata la prima persona a chiamarmi Piotre né perché, ma so che diverse altre persone, pur non conoscendosi tra loro, hanno scelto autonomamente questa forma. In generale ho notato questa distinzione: chi dice Piotre ha un carattere molto solare, chi dice Piè è un po’ più lunare.
Nomen omen
Forse per via della gravosità e solidità che il nome Pietro porta inscritto in sé, il sito Mammafelice.it ci definisce così:
Pietro passa la vita desiderando di essere un altro, quanto di essere altrove, e di avere altre cose e persone attorno. Non si tratta di carenza di soddisfazione per ciò che ha quanto di una costante necessità di rinnovare sé e ciò che fa ed é. Può dunque sembrare brusco nei cambiamenti sebbene, quando se ne accorge, trova sempre il modo di farsi perdonare.
Inaspettatamente devo dire che posso riconoscermi in questa definizione, e comunque mi sembra un ottimo modo di “passare la vita”.
Io comunque sul telefono ti ho memorizzato con "Peto", il primo nome che ho pronunciato da piccola ;))
Mia sorella si chiamava Carola (con l'accento sulla prima a)... è sempre stato uno slalom tra Carla, Carol, Carolina, Carlotta, Caròla... quando non proprio carota o scarola (le nostre cugine più grandi, sempre simpaticissime come la scabbia).