Milano tra Hemingway e Stendhal
Una passeggiata lungo via Manzoni, da dove a più di un secolo di distanza passarono entrambi gli scrittori, alla ricerca di una particolare veduta del Duomo
Ogni martedì vado a Milano, dove tengo un corso alla locale Scuola internazionale di comics. Ho due classi, una alla mattina e una alla sera, e diverse ore del pomeriggio da riempire. Di solito vado al cinema o a vedere una mostra, ma in un recente martedì sono andato a fare un sopralluogo per la parte di fumetto a cui sto lavorando. Sono tavole in cui Stendhal ed Hemingway si rincorrono lungo la stessa strada milanese: via Manzoni.
Come accennavo nella puntata La guerra di Hemingway, inizialmente non pensavo di inserire lo scrittore americano nel mio fumetto, semplicemente perché la sua opera è ancora coperta da diritti. Però la sua esperienza italiana è così simile a quella di Stendhal! Sarebbe stato un peccato non disegnarli l’uno accanto all’altro. Entrambi arrivarono in Italia per via di una guerra: la Campagna d’Italia di Napoleone per Stendhal (1800); la Prima guerra mondiale per Hemingway (1918). Entrambi erano giovanissimi e incoscienti, e in Italia vissero il loro battesimo del fuoco e le prime storie d’amore.
Hemingway fu ferito sul fronte del Piave e poi ricoverato nell’ospedale della Croce Rossa a Milano, con parecchie schegge di proiettili nelle gambe, in particolare la destra. Poi questa esperienza divenne lo spunto per il suo primo romanzo, Addio alle armi (1929). Perfino qui c’è un parallelo con il giovane Henri Beyle. È un episodio nascosto nella biografia di Stendhal: il futuro scrittore, all’epoca fin troppo desideroso di mostrare il suo valore, sfidò a duello Alexandre Petiet, come lui sottotenente di cavalleria. Beyle ne ricavò una ferita al piede, a cui accenna in una lettera alla sorella. Non si sa molto altro: probabilmente il motivo del duello era una questione di donne.
Sono quasi certo che Stendhal ed Hemingway abbiano abitato nella stessa via, via Manzoni appunto, anche se a più di un secolo di distanza. Nella sua pseudo-autobiografia Vita di Henri Brulard, Stendhal racconta il suo primo ingresso a Milano e indica il punto preciso: “Era Corsia del Giardino, vicino a via dei Bigli, all’inizio della Corsia di Porta Nuova”. Nel 1800 via Manzoni era appunto divisa in due: si chiamava Corsia del Giardino fino a via dei Bigli, e Corsia di Porta Nuova fino agli archi della porta medievale che tutt’ora segna la fine della strada. L’attuale Porta Nuova ancora non era stata costruita. Questo rendeva il mio sopralluogo abbastanza inutile: a differenza di città come Roma o Venezia, Milano non solo è molto cambiata ma non è nemmeno stata altrettanto disegnata dai pittori paesaggisti (a parte il Duomo). Però Luigi Sacchi, pioniere della fotografia a Milano, decise a metà ‘800 di ritrarre proprio gli archi di Porta Nuova. Nella seconda foto si intravede il campanile della chiesa di San Bartolomeo, che oggi non c’è più.
La Casa d’Adda, oggi Palazzo Borromeo-d’Adda, invece c’è ancora, in via Manzoni 41: è il luogo in cui abitò Stendhal appena arrivato a Milano. È anche il posto dove assaggiò la sua prima cotoletta alla milanese, come ci racconta sempre in Vita di Henri Brulard.