Per le strade di Roma
Per capire com'era Roma ai tempi di Goethe mi sono disegnato una mappa della città nel '700, poi mi sono perso tra le opere e le storie dei tanti pittori che l'hanno dipinta
Rubo il titolo a una canzone forse meno nota di Francesco De Gregori per raccontare delle tavole che sto disegnando in questo periodo. Per le strade di Roma si avvicendano Goethe, Gogol’ e il pittore Jean-Baptiste Camille Corot: nelle loro lettere, tutti parlano della luce di Roma, del sole di Roma, dei profumi di Roma. Ma siamo tra il 1786 e il 1838, in una città molto molto diversa da quella odierna. Mi sono costruito una mappa di Roma a partire dalla cartina disegnata da Giovanni Battista Nolli nel 1748: in rosso mattone c’è la zona abitata, il resto erano tutte ville e orti, e siamo solo nella città dentro le mura!
Non so molto di urbanistica, ma sicuramente Roma cominciò ad allargarsi a partire dal 1871, quando divenne Capitale del Regno d’Italia. Ci sono alcune foto che risalgono soprattutto agli anni ‘60 dell’800 su cui posso basarmi, ma se voglio tornare ai tempi di Goethe (quasi un secolo prima!) la mia unica fonte sono i dipinti. E potrei perdere ore a scoprire paesaggi e vedute che i vari artisti hanno realizzato a cavallo tra ‘700 e ‘800, e poi perdermi ancora nelle loro storie.
Sono rimasto incantato, ad esempio, da questo panorama dipinto da Giovanni Battista Lusieri nel 1778. Qui Roma è vista dalla Chiesa di San Pietro in Montorio.
Un altro panorama è questo, dipinto da Pierre Henri de Valenciennes, uno dei primi artisti a dare importanza alla pittura en plein air.
Invece i pittori inglesi, chissà perché, prediligevano gli acquerelli. Ne ho incontrati tre, tutti amici tra loro, che si trovavano a Roma più o meno negli stessi anni di Goethe. Cominciamo da Francis Towne.
Poi c’è questa veduta di Villa Medici di John Warwick Smith.
Nelle opere di William Pars, invece, vediamo bene quanto fosse più “agreste” la Roma di fine ‘700.
La Chiesa della Santissima Trinità, sopra la scalinata di piazza di Spagna, e Villa Medici sono tra i soggetti più riprodotti dai pittori dell’epoca. Del resto Villa Medici è tutt’ora sede dell’Accademia di Francia a Roma, che, con il Prix de Rome, dal 1663 (!) fino al 1968 ha offerto agli artisti francesi una borsa di studio e una residenza in città. Notiamo però che nelle vedute degli inglesi ancora non compare l’Obelisco sallustiano, che fu collocato davanti alla chiesa solo nel 1787.
Mi pare evidente come in tutte queste opere l’obiettivo dei pittori fosse comune: catturare la luce di Roma. Il pittore fiammingo Simon Denis addirittura dimentica di dipingere la città e si concentra solo sul cielo e sulle nuvole.
Ma a proposito di luce, l’artista che davvero sa spiegarci cosa voleva dire dipingere Roma è Jean-Baptiste Camille Corot. Ecco uno dei suoi studi romani.
Le lettere di Corot dall’Italia sono meravigliose: ne sto illustrando una scritta a Roma nel marzo del 1826, in cui il pittore racconta di essere svegliato ogni mattina dalla luce del sole che batte sul muro della sua camera. Una luce che per lui è “sconfortante”. Metto qui le due vignette che chiudono la tavola.
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