Quattro libri
Dopo un lungo periodo passato tra diari e lettere scritti tra '700 e '800, da un anno sono tornato a leggere cose più contemporanee: qui quattro titoli che ho amato moltissimo
Ho vissuto nell’800 per circa tre anni, cioè per tutto il tempo in cui ho lavorato a Viaggio in Italia. Lo dico sempre, un po’ per scherzo, ma per quanto riguarda le mie letture è assolutamente così. Per anni ho letto quasi esclusivamente diari, lettere, libri di viaggio, autobiografie degli artisti protagonisti del mio fumetto. Mi è piaciuto moltissimo immergermi in quelle pagine, e ora, dopo aver passato tanto tempo in mezzo ai classici, non è semplice tornare alla letteratura contemporanea, non è facile trovare qualcosa che sia all’altezza. Insomma sono diventato schizzinoso, ancor più di quanto non lo fossi prima. Nonostante questo, ci sono dei libri che ho amato moltissimo in questa prima metà del 2025, li metto qui come consigli di lettura per l’estate (ma magari li avete già letti, allora ho aggiunto qualche disegnino). Certo la maggior parte non sono proprio contemporanei, siamo negli anni ‘50/’60 del Novecento, però almeno siamo dopo la Seconda guerra mondiale.
Abbiamo sempre vissuto nel castello di Shirley Jackson (1962)
Thriller, horror, giallo, non saprei come definire questo romanzo ma so che l’atmosfera di raccolta tensione che riesce a creare è tutto dovuto alla scelta del punto di vista con cui raccontare, quello della giovane Mary Katherine. È già tutto nel primo paragrafo:
Mi chiamo Mary Katherine Blackwood. Ho diciott’anni e abito con mia sorella Constance. Ho sempre pensato che con un pizzico di fortuna potevo nascere lupo mannaro, perché ho il medio e l’anulare della stessa lunghezza, ma mi sono dovuta accontentare. Detesto lavarmi, e i cani, e il rumore. Le mie passioni sono mia sorella Constance, Riccardo Cuor di Leone e l’Amanita phalloides, il fungo mortale. Gli altri membri della famiglia sono tutti morti.
Non dico addio di Han Kang (2021)
La scrittura di Han Kang è come una candela accesa in una bufera, il vento sembra doverla spegnere da un momento all’altro, ma lei continua a splendere. Così sono anche i suoi personaggi, esili, fragili, spesso mutilati nel corpo o nell’anima, sempre sul punto di spezzarsi. E così sono anche le trame dei suoi libri, in particolare dei due che ho amato di più, Non dico addio e Atti umani: intrecci che si aprono per raccontare gli orrori della storia recente della Corea del Sud (di cui non sapevo nulla), cose che forse come lettori preferiremmo continuare a ignorare, ma è una trappola tessuta da una grande scrittrice, e a quel punto del libro è ormai troppo tardi per tornare indietro.
Donnarumma all’assalto di Ottiero Ottieri (1959)
Per uno come me che ha amato tanto Primo Levi c’è qualcosa di molto familiare in questo libro fatto di colloqui aziendali, fabbriche, moduli, rapporti. In questo caso l’ambientazione è lo stabilimento Olivetti di Pozzuoli, aperto negli anni ‘50 con l’intenzione di dimostrare che anche al sud poteva sorgere una fabbrica modello. Ma Ottieri, che lavorava lì come capo del personale, si scontra in questo libro con un’umanità dolente, su cui nemmeno gli ideali di Olivetti sembrano poter incidere.
Ora qui si spreca una manodopera senza opera, una popolazione industriale senza industria. Questo è il dramma dei dintorni e della città, ricca di regge e povera in ogni suo buco, antica capitale depressa, nel dramma del mezzogiorno.
E non disse nemmeno una parola di Heinrich Böll (1953)
Trovato nello scaffale dei libri usati del supermercato sotto casa mia, preso senza troppa convinzione, mi ha catturato dalle prime righe fino all’ultima pagina. In una Colonia ancora sventrata dalla guerra ma già pervasa dai primi segni di ripresa economica (pubblicità ovunque), un uomo e una donna si danno appuntamento in un albergo a ore, nell’ultimo tentativo di salvare la loro relazione. La vicenda sarebbe tutta qui, ma Böll la raccontata a due voci, a capitoli alternati (lui e lei) e con un ritmo che la rende incredibilmente avvincente. Un po’ del merito secondo me va anche alla traduzione di Italo Alighiero Chiusano: termini come capelli strinati, paltò e carta gommata, ed espressioni come pioveva ancor sempre e stanza di soggiorno contribuiscono a creare un’atmosfera da passato prossimo.
Due sono piaciuti tanto anche a me, a questo punto dovrò leggere gli altri due!