A proposito di cose che ingannano gli occhi
Un po' di storie e di foto da Genova e poi da Savona, dove sono stato ospite del festival Zerodiciannove
Il titolo di questa newsletter può forse trarre in inganno, ma l’inganno è qui inteso in senso positivo: cos’altro fanno i disegni se non ingannare i nostri occhi nel vedere in un insieme di trattini una figura di senso compiuto? A Genova e al festival Zerodiciannove, a Savona, dove sono stato nei giorni scorsi, sono stato ben contento di lasciarmi ingannare, e cioè di provare meraviglia per paesaggi, persone e libri. In questa breve raccolta di storie e foto provo a restituire un po’ di quelle sensazioni.
Un’intervista al Tg dei Ragazzi
Nella mia rapidissima tappa a Genova, dove ho presentato Viaggio in Italia alla Liberia Coop Porto Antico, ho trovato il tempo di farmi intervistare per il Tg dei Ragazzi, versione per i più piccoli del TgCom24. Nel fotogramma qui sopra, l’infinita dolcezza di Bianca (7 anni): ho avuto l’onore di essere il suo primo intervistato, e mi sembra giusto dato che lei porta lo stesso nome di questa newsletter. Il video completo si può vedere qui (io sono circa al minuto 7.20).
Via dalla Pianura Padana
Avevo una voglia di uscire dalla Pianura Padana… e la Liguria sicuramente offre un altro paesaggio: a parte il mare non c’è nulla che sia piatto. Dormo in un albergo fuori Savona, a metà strada tra Albisola e Celle Ligure, insieme a tutti gli altri ospiti del festival. L’albergo è sul mare e ha una terrazza su cui affacciano alcune camere, tra cui la mia. Io mi sveglio sempre presto e così la prima mattina ho pensato di vedere l’alba, addirittura di fare una passeggiata al mare. Ma, dopo aver visto qualche raggio spuntare dietro il palazzo davanti all’albergo, sono ripiombato a letto, immerso in una carta da parati a tema pappagalli.
Mi piacciono questi festival dove gli ospiti sono coccolati e invogliati a conoscersi, a seguire ognuno gli eventi degli altri. Nel caso di Zerodiciannove immaginavo che fosse così: la preparazione del festival va avanti da un anno, se non da prima. La locandina di questa edizione, che ha come tema “Le rotte”, è stata disegnata da Philip Giordano. Parlando ci siamo resi conto che anni fa siamo stati ospiti sulle pagine della stessa autoproduzione, che aveva come tema i dinosauri. Qui invece ci accompagnano altri animali. I gabbiani sembrano avere ognuno una postazione riservata, su ogni torre, comignolo o tetto della città. I cinghiali compiono un’incursione in pieno centro a Savona e sono la prima notizia negli strilloni delle edicole. E infine i pappagalli. Oltre che sulla carta da parati della mia camera, ce n’è uno (vero) alla reception dell’albergo, si chiama Ara, sembra innocuo anche se sul suo conto si raccontano storie non del tutto rassicuranti (diciamo che pare che una volta i pappagalli fossero due).
Contro i genovesi
“Qui vi odiano, lo sapevi?” dico a Franco, amico genovese in procinto di raggiungermi a Savona. Non avendo io radici in un’unica città, trovo sempre affascinanti queste rivalità tra comuni, vecchie di secoli. A Savona vengono fuori dappertutto: i genovesi hanno buttato già la cima di quella torre, che una volta era molto più alta; i genovesi hanno messo una tassa sulla farina di ceci, così la farinata qui si fa con la farina di grano.

In macchina, mentre Alessia mi porta avanti e indietro tra i luoghi del festival seguendo una rigida scaletta (sul foglio che le hanno dato c’è anche scritto “Resta con lui”, riferito a me!), passiamo davanti alla fortezza del Priamar. Interrogo Alessia e mi spiega che la fortezza è stata costruita nel ‘500 dai genovesi, radendo al suolo la parte più antica della città, e che aveva i cannoni puntati non contro nemici provenienti dal mare, ma contro Savona. Nel pomeriggio io ed Eva (Rasano, altra ospite del festival) decidiamo di addentrarci tra le spesse mura del Priamar. All’ingresso noto un cartello che indica solo gli orari di apertura e chiusura e sotto il numero di telefono da chiamare in caso di emergenze. Dopo un breve giro capisco in cosa consistono queste emergenze: trovare l’uscita dalla fortezza è impossibile! Io ed Eva giriamo parecchio prima di incappare per miracolo in due ascensori: uno è guasto, l’altro per fortuna ci porta verso l’uscita.

Questa piccola disavventura diventerà poi lo spunto per i fumetti da realizzare nel laboratorio che terrò il sabato, dove scopro che prima o poi a tutti i savonesi è capitato di rimanere chiusi dentro il Priamar. Tutte storie che finiscono con la liberazione dei malcapitati da parte della guardia notturna, sempre scocciatissima.
La ceramica
La “base” per tutte le operazioni del festival è il Museo della Ceramica, che sorge in pieno centro. Non so niente di ceramica e non avevo idea che un museo dedicato a quest’arte potesse essere così interessante e ben allestito. Scopro che qui la ceramica è dappertutto, soprattutto ad Albissola (ah! Albissola ha due s se è Marina, ma una s sola se è Superiore: strano, no?). I curatori e le curatrici del museo sono anche tra gli ideatori di Zerodiciannove, e sono riusciti a creare un legame tra la ceramica e illustrazione. Quest’anno è la mostra di ceramiche disegnate da Pia Valentinis (parleremo meglio di lei più avanti), tra cui queste che sembrano un fumetto:
Il museo è collegato da una rete di labirintici corridoi alla Pinacoteca, altro luogo per i laboratori e gli incontri del festival. Nei giorni di Zerodiciannove ho imparato a muovermici dentro, fino a scoprire due stanze strapiene di materiale per i laboratori organizzati dal museo.

Zerodiciannove
019 è il prefisso di Savona ma 0-19 è l’età del pubblico a cui si rivolge il festival (in realtà si intende dai 19 in su). Nei primi due giorni noi ospiti veniamo distribuiti in varie scuole, anche nei nidi! Io sono assegnato a una scuola media a Vado Ligure. Lo trovo buffo. Per diversi anni da bambino ho abitato a Vado, una frazione sull’Appennino bolognese: sapevo che da qualche parte esisteva un’altra Vado, ma non pensavo che l’avrei mai visitata. Invece eccomi qui. Mi pare che sia la zona più industriale di questa parte della costa ligure. Dalle finestre della scuola si vedono le ciminiere della centrale elettrica.
Il giorno dopo invece faccio lezione a ragazzi e ragazze del liceo artistico. Mi sento investito di una certa responsabilità, in quanto unico fumettista “puro” invitato al festival. In realtà ci sono anche Pia Valentinis, autrice qualche anno fa del bellissimo Ferriera (Coconino Press) e Marco Paschetta, autore del fumetto per bambini Pistillo (Diabolo Edizioni). Ma Pia e Marco lavorano molto anche con l’illustrazione. A me è capitato, ma poco. Fumetto e illustrazione sono due mondi in apparenza vicini, ma molto differenti: modi diversi di lavorare e ragionare con le immagini, tempi diversi di produzione, pubblici diversi. La maggior parte degli autori e delle autrici presenti al festival creano albi illustrati per bambini e ragazzi, mi fanno un sacco di domande sui fumetti, e io ricambio. Per la mia lezione ho deciso di raccontare come sono arrivato a fare fumetti, partendo da quelli che leggevo da bambino. Non siamo in un’aula ma in un posto bellissimo: Selvatico, spazio culturale che sorge in una piazzetta che scoprirò poi essere un luogo perfetto per gli aperitivi.
Inganna l’occhio
I palazzi del centro di Savona sono pieni di trompe l’oeil: finte colonne, finte finestre che ingannano l’occhio, appunto. E io sono felice di lasciarmi ingannare. Non ho ancora deciso per esempio quale di queste finestre è vera e quale dipinta.
Anche all’interno del Museo della Ceramica c’è un’illusione ottica. È la Quadrisfera, una sorta di gioco di specchi dove viene proiettato un video sulla storia della ceramica. Ne approfitto per sdoppiarmi e risdoppiarmi.
La cura
Sabato mattina partecipo a una tavola rotonda sul fumetto. Con me c’è Pia Valentinis, ormai una sorella acquisita, e Diletta di Volume B**k, libreria indipendente di Milano. Per entrambe potrei usare i termini cura, dedizione, attenzione. Che dire di Pia? È una di quelle artiste che ti ridanno la voglia di disegnare. Mi limito a consigliare il suo Fare figure (uscito quest’anno per Topipittori), che ci porta in viaggio tra le varie tecniche e metodi usati da Pia per disegnare. Diletta, invece, nei giorni del festival ha portato sulle braccia scatoloni di libri da una parte all’altra, da un incontro all’altro. Li dispone sul tavolo come se dovessero intervenire anche loro, o meglio come se fossero un’estensione delle nostre personalità. Diletta modera l’incontro e ha sotto gli occhi un quaderno pieno degli appunti che ha preso durante il festival, ogni tanto lo sbircio. La passione di Diletta e l’atmosfera familiare che si è creata in questi giorni permettono a me e Pia di aprirci, di parlare anche di cose molto personali. In più io ho ancora nelle vene l’Amaro del Marinaio che mi hanno fatto bere la sera prima (io non reggo nulla in quanto ad alcool). Insomma credo che sia stato un bell’incontro.

A bordo
Il festival termina con un evento di chiusura e un pranzo a bordo della nave Costa Toscana. La mattina di domenica, la vedo passare nel rettangolino di mare davanti all’albergo e poche ore dopo la ritrovo in porto, più alta di tutti i palazzi di Savona.
Non citerò David Foster Wallace1 e nemmeno descriverò l’interno della nave, sono stato a bordo troppo poco tempo. Dirò solo di questa piccola esplorazione che ha condotto me e altri fuori dall’itinerario prestabilito, alla ricerca di un posto dove fumare una sigaretta (questo è forse l’unico vantaggio dell’essere fumatori). Tutti ci invitano a recarci sul ponte 7 e aprire uno qualsiasi dei portelloni, anche se c’è scritto sopra crew only. Così ci ritroviamo all’aperto, in un ponte senza i croceristi ma solo con membri dell’equipaggio. Vengono quasi tutti dall’India e da altre parti dell’Asia, a me sembra strano che non parlino tra loro, ognuno è immerso nello schermo del proprio telefono (del resto dentro la nave la rete mobile non prende). Più tardi, sul ponte 8, il contrasto con la vita dei croceristi è abbastanza impressionante.
Chiudiamo con questa foto che mi piace molto. Sono le volontarie di Zerodiciannove insieme a Roberto, uno degli organizzatori, qui in versione gigante buono.
E cioè il suo celebre libro Una cosa divertente che non farò mai più (qui un estratto), ambientato su una crociera extralusso.