Cartoline da un terremoto
Quando Goethe visitò Messina la trovò ancora distrutta dal sisma del 1783. Ma era un'epoca senza foto e a illustrare il disastro furono gli artisti
La prima parte di questo fumetto segue più o meno il viaggio di Goethe in Italia del 1786-1787, mescolato a molte altre cose. Io procedo così: imposto le tavole in maniera approssimativa, in modo da sapere cosa dovrò disegnare e quanto spazio mi servirà. Parto quasi sempre dai luoghi in cui si svolge l’azione e dal testo che voglio metterci dentro, poi aggiungo i personaggi. Ogni tanto torno indietro e aggiungo particolari, o modifico anche radicalmente i disegni.
In questa lavorazione “a strati”, in queste tavole solo abbozzate, sono ormai arrivato all’ultima tappa del viaggio di Goethe in Sicilia. Dopo aver attraversato tutta l’isola, arriva a Messina per imbarcarsi e risalire verso Napoli. È il maggio 1787, e Goethe scrive:
Il nostro primo ingresso ci diede la terribile impressione di star entrando in una città in macerie. Per un’intero quarto d’ora attraversammo rovina dopo rovina, prima di raggiungere l’albergo, che essendo l’unico nuovo edificio sorto in questo quartiere, dalla finestra del primo piano offre una vista su un deserto di macerie e nient’altro.
Sono le conseguenze ancora visibili del terremoto che aveva colpito la Calabria e la città di Messina tra il febbraio e il marzo del 17831, solo quattro anni prima. Una tragedia che aveva causato 50 mila morti (secondo le stime) e la distruzione di interi paesi. Ora, mentre l’egualmente tragico terremoto di Messina del 1908 è documentato da molte fotografie, quello del 1783 accadde in un’epoca pre-fotografica. E il mio problema in questi casi è sempre capire come e cosa disegnare.
Così ho fatto qualche ricerca: l’evento dovette fare impressione in tutto il mondo, perché i tentativi di raccontarlo, spiegarlo e illustrarlo sono numerosi. Per esempio il tedesco Johann Baptist Bergmuller provò a dare un’idea del momento del sisma in una serie di incisioni di questo tipo.
Il pittore irlandese Henry Tresham, che in quel periodo risiedeva a Roma, si recò probabilmente a osservare di persona2 le conseguenze del terremoto, e le illustrò in una serie di vedute di una Messina distrutta.
Il fenomeno attirò naturalmente l’attenzione delle autorità dell’epoca e degli scienziati (siamo in pieno Illuminismo!). Ferdinando IV di Borbone commissionò un’indagine sul sisma al medico Michele Sarconi: il risultato, fu un rapporto intitolato Istoria de’ fenomeni del tremoto avvenuto nelle Calabrie3, pubblicato nel 1784 e accompagnato da un’atlante iconografico curato da due architetti, Pompeo Schiantarelli e Ignazio Stile.
Il geologo francese Deodat de Dolomieu (le Dolomiti prendono nome da lui!) nel 1784 si fermò in Calabria di ritorno da Malta, visitò i paesi colpiti dal terremoto e intervistò i sopravvissuti. Anche se il suo lavoro - Memorie sui terremoti della Calabria nell’anno 17834 - è scientifico (per l’epoca, almeno) e ricerca le cause del sisma, nelle note Dolomieu non riesce a a fare a meno di riportare alcune delle testimonianze raccolte.
Ho parlato a un gran numero di persone che erano rimaste sepolte sotto le rovine, nelle diverse città che ho visitato. Mi hanno tutte detto che credevano che solo le loro case fossero crollate, non potevano pensare che la distruzione fosse così generale e non capivano come si tardasse tanto a portar loro soccorso. […] Molte persone sono rimaste sepolte 3, 4, 5 giorni; io le ho viste, ho parlato con loro e gli ho fatto esprimere quello che pensavano in quegli atroci momenti. Di tutti i mali fisici, quello che soffrivano di più era la sete.
Dolomieu, figlio di un marchese, ci dà anche uno spaccato della società di allora e del conflitto tra galantuomini, “basso popolo” e contadini:
Si videro esempi di tenerezza paterna e maritale portati fino al sacrificio e al tempo stesso tratti di crudeltà e atrocità che fanno tremare. Mentre una madre sconvolta e coperta di fango andava a cercare nelle rovine ancora tremanti il figlio che fuggendo portava in braccio e che le era stato strappato dalla caduta di un pezzo di impalcatura; mentre un marito affrontava una morte pressoché certa per ritrovare la sposa amata; si vedevano allo stesso tempo dei mostri precipitarsi in mezzo alle pareti traballanti, sfidare il più grande pericolo, inciampare in uomini mezzo sepolti che chiedevano il loro soccorso, per andare a saccheggiare le case dei ricchi e soddisfare una cieca cupidigia. Spogliavano degli infelici che erano ancora vivi, che avrebbero donato loro le più grandi ricompense se gli avessero teso una mano caritatevole. Io sono stato a Polistena nella baracca di un galantuomo, che fu sepolto sotto le rovine della casa, con solo le gambe che spuntavano per aria. Il suo domestico gli tolse le fibbie d’argento e poi scappò via, senza voler aiutarlo a uscire dalle macerie. In generale tutto il basso popolo della Calabria ha mostrato una depravazione incredibile di costumi, nel mezzo degli orrori del terremoto. La maggior parte dei contadini si trovavano in aperta campagna al momento della scossa del 5 febbraio, e accorsero subito nelle città ancora fumanti della polvere provocata dai crolli; arrivarono non per portare soccorso - nessun sentimento di umanità si fece strada in loro in quelle atroci circostanze - ma per saccheggiare.
Per approfondire c’è questa pagina sul sito dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia
ed ora le Dolomiti🙂..che fantastici libri di Storie e Storia dell'Arte saranno.. Grazie ☺️