Émile Zola fotografo a Roma
Nel 1894 lo scrittore francese era in visita nella Capitale: armato di taccuino e macchina fotografica, andava alla scoperta dei nuovi quartieri nati dopo l'unificazione
Il 31 ottobre del 1894 un viaggiatore d’eccezione scendeva dal treno alla Stazione Termini: era Émile Zola, accompagnato dalla moglie Augustine. Ecco la coppia ritratta in una foto scattata sul binario da Luigi Primoli:
Zola aveva all’epoca 54 anni ed era ormai molto famoso. A Roma potè così essere introdotto a varie personalità, tra cui il re, il primo ministro di allora e vari altri ministri… uno solo si rifiutò di incontrarlo: papa Leone XIII. In quel momento in effetti lo scrittore francese non era ben visto in Vaticano. Il suo ultimo romanzo, intitolato Lourdes, era una denuncia contro la superstizione camuffata da religione, e di conseguenza era stato inserito nell’Indice dei libri proibiti. Ma Zola stava già preparando il seguito1: si sarebbe intitolato Roma e avrebbe avuto lo stesso protagonista, padre Pierre Froment, in viaggio a Roma per convincere il Papa a non mettere all’Indice il suo libro La nuova Roma. Realtà e finzione dunque si mescolano in questa vicenda, e il viaggio di Zola a Roma è a tutti gli effetti un sopralluogo. Si capisce dagli appunti che lo scrittore prese nel corso del suo soggiorno nella Capitale:
Ho voglia di far fare a Pierre quello che ho fatto io, la visita delle rovine in una giornata. Voglio distruggerlo di stanchezza, indolenzirlo con le rovine e così evocare la grandezza romana, in un capitolo in cui darò voce a tutte le mie sensazioni, non di archeologo, ma di artista proiettato là dentro.2
Ma Zola era anche un fotografo dilettante. Dobbiamo quindi immaginarcelo armato di taccuino e macchina fotografica mentre visita Roma3.
Ma mentre il mondo laico accoglieva lo scrittore a braccia aperte, il clero - quello che più gli sarebbe servito per documentarsi - gli chiudeva le porte. Il fatto è che nella Roma del 1894 il conflitto tra Stato e Chiesa era ancora lontano dall’essere risolto: da quando, nel 1870, l’esercito italiano era entrato a Roma trasformandola in Capitale del Regno d’Italia e il re aveva sostituito il papa al Quirinale, i rapporti tra Stato e Vaticano erano ancora molto tesi. Ad esempio, 25 anni dopo l’unificazione, la Chiesa vietava ancora ai cattolici di partecipare alla vita politica italiana.
Nel frattempo lo Stato italiano stava trasformando Roma in una grande capitale, una città che nelle intenzioni doveva reggere il confronto con Parigi, Vienna, Berlino. Ed è questa nuova Roma quella che Zola attraversò. Una città piena di contraddizioni.
I quartieri nuovi, soprattutto Prati di Castello. Vasti terreni su cui sono stati creati di botto progetti di quartieri. Vie a scacchiera, piazze. Grandi case quadrate, simili a caserme. Cinque piani. Alcune piatte come le facciate, ma in certi quartieri molto ornate, con colonnine, balconi, sculture. Altre, rientrate, più semplici, per la gente più povera. Si vede di tutto: terreni in cui sono state scavate fondamenta poi abbandonate, terreni su cui è ricresciuta l'erba, fino alle case finite, abitate. Case la cui costruzione è stata abbandonata al secondo piano, i pavimenti allo scoperto, le finestre sul vuoto, le pietre senza rivestimento. Case con il tetto ma simili a gabbie vuote, con pavimenti e finestre non rifiniti. Case terminate ma dalle persiane chiuse, completamente disabitate. Case abitate solo da una parte, il resto chiuso. Case infine completamente abitate, case superbe ma abitate dal popolino, la sporcizia che deborda dalle finestre, stracci che pendono dai balconcini scolpiti, puzza e miseria, donne spettinate, a malapena ricoperte da uno scialletto sporco, alle finestre. Tutta questa gente paga appena l'affitto. Mi dicono che alcuni si sono perfino installati in queste case come per diritto di conquista. Sono entrati e ce li hanno lasciati. E questi quartieri si trovano ovunque a Roma, ai Prati di Castello, sotto il Gianicolo, sui terreni di villa Ludovisi, fuori porta Pia, a San Lorenzo, vicino al Campo Verano, lungo la stazione, sul Viminale e l'Esquilino e anche altrove, vicino al monte Testaccio, credo (tutto da verificare).
Cos’era successo dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia? Come spiega Zola, si era cominciato a costruire, aspettandosi che la popolazione di Roma sarebbe quintuplicata. Ma “la popolazione locale è soltanto raddoppiata, le folle attese non sono arrivate”, scrive Zola. In più i nuovi romani erano lavoratori, facevano parte del “popolino” e non potevano permettersi di pagare gli affitti delle nuove case, “troppo belle”. In altre parole, i nuovi quartieri erano stati progettati per una borghesia che in Italia ancora non esisteva.
Quindi niente affitti, e le case sono rimaste a consumarsi, vuote. Per salvare la situazione, per riportarla a galla, occorrono gli abitanti, ma abitanti abbastanza ricchi da far sì che le case rendano ai proprietari. Ma tutto dice che un evento del genere non si realizzerà molto presto. Le somme finora rischiate, inghiottite dalle costruzioni a Roma, si calcolano in un miliardo. È stato fatto tutto troppo bello e troppo in fretta.
Speculazione e indebitamenti avevano portato a un crac finanziario, e perfino il papa aveva perso dei soldi. Col risultato che Roma nel 1894 doveva apparire piuttosto surreale. Ancora dagli appunti di Zola:
L'immenso ministero delle Finanze, in via XX Settembre, è vuoto. La Banca d'Italia, in via Nazionale, è un'ironia. Bisogna che approfondisca tutto questo lato finanziario. Ma che profonda ironia questo orgoglio nazionale che va in rovina e questo papa che perde i milioni nella capitale che maledice!
Si trattava pur sempre della città eterna, e gli italiani che avevano accolto Zola ci tenevano a fare bella figura. Così Zola scrisse nei suoi appunti:
Infine la sera c'è stato il banchetto offertomi dalla stampa. Discorsi del presidente Bonghi, del ministro Ferraris e del rappresentante del sindaco di Roma. È decisamente un popolo che dubita di se stesso, che non è sicuro di se stesso. Da qui la pressione che cerca di esercitare su di me: la paura di una donna che trema all'idea che non la si trovi bella.
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Questi romanzi - Lourdes, Roma e Parigi - fanno parte di una trilogia chiamata “ciclo delle tre città”.
I diari di viaggio di Zola sono raccolti nel volume Lourdes, Rome - Mes voyages (1958). Non sono riuscito a trovare il testo originale, i brani riportati in questo post sono tratti dal sito Tesori di Roma.
Più si leggono diari così, più si capisce delle origini del carattere di una città e del popolo che la abita. Sì, siamo una penisoletta e non un'area quasi infinita come Russia o Cina, e ci capiamo per la lingua in comune, ma non siamo affatto tutti uguali. Io venendo dal Nord non capisco certi problemi che hanno a Roma, tipo l'accumulo di spazzatura; ora che leggo questo mi viene il sospetto che gli stessi derivino da atteggiamenti, come dire... "ereditati" 🤔?
Temo proprio che molti dei nostri atteggiamenti siano “ereditati” come dici tu... soprattutto nei confronti delle autorità e delle cose pubbliche. Dovrei ritrovare una lettera di Byron che spiega come sono fatti gli italiani a un suo corrispondente inglese