Henri
A Henri Beyle alias Stendhal piaceva confondere le acque. Orientarsi tra pseudonimi, lettere e scritti autobiografici non è semplice, ma disegnare lo scrittore francese regala anche soddisfazioni
Qualcuno ha calcolato che Henri Beyle, in tutti suoi scritti, usò più di 250 pseudonimi1. Il più famoso è naturalmente Stendhal, ma ce ne sono appunto moltissimi altri. Tra questi i più curiosi sono:
L’Ennuyé [L’annoiato]
Poverino
Chinchilla
William Crocodile
Fabrice del Dgo [come il protagonista de La certosa di Parma]
Henri utilizzava nomi falsi soprattutto per firmare le sue lettere, in particolare quelle scritte dall’Italia. Doveva essere convinto di essere sorvegliato dalle autorità, e in effetti dobbiamo tenere presente che le lettere potevano essere intercettate, aperte e lette da mani e occhi indiscreti. Soprattutto se eri un ex ufficiale di Napoleone nella Milano controllata dagli austriaci. Possiamo immaginare che queste lettere fossero esaminate con una rapida occhiata da poliziotti svogliati: alcune parole o alcuni nomi potevano però risvegliare la loro attenzione.
Così Henri pasticciava con le date e le intestazioni - cosa che ha reso parecchio complicato il mio lavoro di ricerca - e spesso le sue lettere, nei punti che lui doveva ritenere più delicati, passano dal francese all’inglese. Come ulteriore contromisura, Henri si era creato alcuni alter ego a cui chiedeva di indirizzare la posta. Nel gennaio del 1819 scriveva da Milano:
Scrivimi sotto la copertura di
M. Guasco, avvocato a Torino.
M. Giovanni Plana, astronomo a Torino.
M. Dominique Vismara, ingegnere a Novara.
Altre identità fittizie Henri le creò quando cominciò a pubblicare. La sua prima opera uscì nel 1815 con questo lunghissimo titolo: Lettere scritte da Vienna in Austria sul celebre compositore Jh. Haydn, seguite da una vita di Mozart e da considerazioni su Metastasio e lo stato presente della musica in Francia e in Italia - poi abbreviato nel più immediato Vite di Haydn, Mozart e Metastasio. Firmato Louis Alexandre Cèsar Bombet.
A quanto pare un tale Monsieur Carpani aveva copiato ampie parti di questa vita di Haydn. Così nel 1816 Beyle scrisse al redattore capo del periodico letterario Le Constitutionnel, spacciandosi per il fratello di Bombet:
Louis Alexandre Cèsar Bombet, mio fratello, vive a Londra, è molto vecchio, molto malato di gotta, molto poco interessato alla musica e ancora meno a M. Carpani, permettete che risponda per lui […]
M. Bombet, che è mio fratello maggiore, mi farà sicuramente dei gran rimproveri per la libertà che mi prendo di infastidire il pubblico in suo nome.
Nel 1817 Henri firmò la Storia della pittura in Italia con la sigla M.B.A.A., che dovrebbe stare per Monsieur Beyle Ancien Auditeur (Signor Beyle Antico Ascoltatore?). Invece lo pseudonimo Stendhal, anzi per la precisione Monsiuer de Stendhal, comparve per la prima volta nel 1817, quando Henri pubblicò Roma, Napoli e Firenze. Di solito si pensa che sia un omaggio allo storico dell’arte tedesco Johann Winckelmann, che era nato appunto a Stendal, una città della Sassonia, nel 1717. Ma nel saggio Les faces cachées du pseudonyme de Stendhal (I volti nascosti dello pseudonimo di Stendhal), Olivier Hertoux sostiene che potrebbe trattarsi di una specie di anagramma: il nome Stendhal avrebbe quindi avere a che fare con Madame de Staël oppure con la parola destin.
Henri non rinunciò agli pseudonimi neanche nelle sue ultime opere. Quando negli anni ‘30 dell’’800 si trovava a Civitavecchia in qualità di console, un po’ per la noia e un po’ per gli anni che passavano decise di scrivere la sua autobiografia. La intitolò Vita di Henri Brulard. Come dire: sono io, ma non sono davvero io.
Tutto questo per spiegare che disegnare la parte su Stendhal nel mio fumetto è un gran pasticcio. Henri ci teneva a confondere le acque. Ad esempio: com’era fatto esattamente? Questo è il suo ritratto più famoso, dipinto nel 1840 dal pittore svedese Olof Johan Södermark, uno dei tanti pittori stranieri che soggiornarono a Roma:
Ma qui siamo già negli ultimi anni di vita di Stendhal (morì solo due anni dopo, nel 1842). Io invece devo disegnarlo anche quando era più giovane, e ho in mente altri ritratti: quello di Giuseppe Amisani, anche se dipinto molti anni dopo la morte di Stendhal, e questo profilo disegnato da Jean-Baptiste Augustin.
Nel ritratto di Södermark in effetti non si capisce bene la corporatura di Stendhal, che però doveva essere abbastanza robusta. Romain Colomb, suo cugino e confidente2, lo descriveva così in uno scritto del 1845 intitolato Notizie sulla vita e l’opera di M. Beyle (de Stendhal):
Provo quindi a dare un’idea della figura di Beyle; si potrebbe dire che, per quanto riguarda l’aspetto esteriore, si avvicinasse alle frontiere del grottesco, se pure qualche volte non le oltrepassava.
Era di taglia media, e carica di un sovrappeso che si era molto accresciuto con l’età; le sue forme atletiche ricordavano un po’ quelle dell’Ercole Farnese. Aveva la fronte spaziosa, l’occhio vivo e penetrante, la bocca sardonica, una tinta colorita, molta fisionomia [beaucoup de physionomie, non so cosa voglia dire, forse tratti marcati?], il collo corto, le spalle larghe e leggermente curve, il ventre sviluppato e prominente, le gambe corte, l’andatura sicura. Quel che aveva di meglio era la mano, e per attirare l’attenzione su di essa teneva le unghie smisuratamente lunghe. […]
Questo tipo fisico, si capisce, lasciava molto a desiderare per quanto riguarda la bellezza e l’eleganza. Malgrado le illusioni che l’amor proprio e alcuni successi nei salotti potevano generare, Beyle non si nascondeva assolutamente i suoi limiti. Ma si consolava pensando che le qualità dell’Anima, lo spirito, la naturalezza fanno sparire la bruttezza, quando è senza deformità.
Insomma Henri era bruttino, eh? E meno male che Colomb era un suo amico! Ma questo per me è un fatto positivo, perché è molto più facile disegnare un personaggio dalle caratteristiche fisiche ben definite. E poi è interessante per una volta disegnare una corporatura così diversa dalla mia. C’è sempre la difficoltà di “vestire” Henri con gli abiti di inizio ‘800, ma ormai conosco a memoria il cast di tutti i film tratti da Jane Austen, e nella serie Sanditon c’è l’attore irlandese Turlough Convery che è un ottimo riferimento (in questo video ad esempio ci guida alla scoperta del set).
In effetti è stato molto più difficile orientarmi nell’opera di Henri Beyle: anche solo gli scritti relativi all’Italia sono tantissimi. Ecco alcune delle opere a cui sto attingendo:
Per chi volesse leggerle sono il Diario, Roma, Napoli e Firenze e Passeggiate romane. A queste bisogna aggiungere tutte le lettere, oltre a opere autobiografiche come Vita di Henri Brulard e Ricordi di egotismo. In questo marasma di scritti, individuare una narrazione almeno coerente non è stato semplice… e in effetti le mie tavole saltano avanti e indietro nel tempo e nello spazio, si passa da Civitavecchia nel 1831 a Milano nel 1800, da Roma nel 1841 a Bologna, Firenze e ancora Milano nel 1811.
Tante volte sono stato sul punto di abbandonare, accorciare, spietatamente tagliare le sequenze su Stendhal, poi però trovo delle scene irresistibili, che quasi si disegnano da sole… come questa in cui Henri si rende conto che sta per compiere cinquant’anni.
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Ho trovato la lista degli pseudonimi, redatta dallo scrittore francese Paul Léautaud, nel volume Stendhal del 1908.
Nonché suo esecutore testamentario: fu lui a far incidere sulla tomba di Stendhal a Montmartre la frase “Arrigo Beyle, milanese, visse, scrisse, amò”, tratta da Ricordi di egotismo.
Unghie smisuratamente lunghe? Mamma mia 🥴
Tanti nomi non avranno però potuto alterare qualcosa che immagino sarà rimasta uguale, permettendo di risalire allo stesso autore: la grafia 🤓