In viaggio con Virginia Woolf / 2
Nel 1927 e nel 1933 la scrittrice è di nuovo in Italia: stavolta lei e Leonard viaggiano in auto, fumano sigari e bevono parecchio: ma il clima, negli anni '30 del '900, sta rapidamente peggiorando...
Questa è la seconda parte di una speciale doppia newsletter sui viaggi in Italia di Virginia Woolf: la prima, dedicata al periodo 1904-1912, la trovate qui.
Prima di iniziare, ne approfitto per segnalare un incontro in cui si parlerà proprio di questa newsletter e del lavoro che sto facendo. Si tiene sabato 7 maggio a Milano, al festival Paw-Chew-Go, modera Simone Sbarbati.
Sabato 7 maggio, h 14.30
Viaggio in Italia: la genesi di un graphic novel
Paw-Chew-Go Festival, BASE Milano, via Bergognone 34
Sempre a Milano, sempre il 7 maggio, ma alle 10.30 di mattina, sarò invece alla Biblioteca Fra Cristoforo (via Fra Cristoforo 6) per parlare del mio fumetto Una stella tranquilla - Ritratto sentimentale di Primo Levi (Coconino Press).
Insieme a Virginia e al marito Leonard, torniamo in Italia nell’aprile del 1927. La scrittrice aveva allora 45 anni e questa fu la sua prima volta nel Sud Italia. I ritmi lenti continuano a essere una prerogativa nel modo di visitare l’Italia di Virginia, anzi al sud mi sembrano ancora più lenti…
Sediamo dopocena nella nostra camera da letto. La luce è sospesa in uno spesso vetro qualche piede sopra la mia testa. Leonard sta spolverando il tavolo con la sua bandana. Ho fatto un pasticcio con varie cianfrusaglie accumulate durante i miei viaggi: diversi pacchetti di sigarette per esempio sono ridotti in polvere. Ci sono botti in strada e un generale brusio che mi invita a uscire nella piazza e ad andare al cinema; ma domani sul presto dobbiamo andare a Segesta, così passiamo una serata tranquilla. Comunque in questo momento stanno facendo una processione in piazza, suona una banda, con lanterne e un qualche oggetto sacro sotto un armamentario - è Pasqua, suppongo1 - mi piace la religione cattolica. Direi che è un tentativo di arte. Leonard è indignato.
Qualche giorno dopo Virginia scriveva da Siracusa…
[Scrivo] mentre siedo di fianco a Fonte Aretusa (come sai fu inseguita da Alfeo2 e ora zampillano insieme per l’eternità) in un bagliore di sole e polvere con diversi italiani addormentati, uno che canta, un uomo che suona il mandolino; un mendicante […]. C’è un cortile, con due gatti in una cesta, un cameriere che vernicia un tavolo e una signora anziana che sceglie materassi: mi sto rapidamente innamorando dell’Italia […]. Tutti gli uomini devono essere dei donnaioli. Il vecchio proprietario dell’albergo cucina un’omelette apposta per me.
Mi piacerebbe continuare a viaggiare di città in città per tutta la mia vita, vagare tra le rovine e guardare le golette entrare in porto, e innamorarmi delle ragazze italiane, che assomigliano tutte ai disegni di Millais3 sul Cornhill.
Sembra la vacanza perfetta, se non fosse per i turisti tedeschi che la scrittrice non sopportava (anche se non ho capito esattamente perché). In Italia Virginia aveva preso anche l’abitudine di fumare sigari (“e non riesco a smettere”, scrisse alla sorella Vanessa una volta tornata dal viaggio).
Siamo entrambi bruciati, di un vivace color rosso mattone. Siamo entrambi leggermente brilli; abbiamo quasi deciso di non tornare mai più in Inghilterra [...]. Fortunatamente abbiamo scelto un albergo davvero italiano - piuttosto umile; il WC va bene; non si parla inglese e beviamo caffè con marinai e ufficiali italiani dopo cena. Siamo stati tutto il giorno tra le rovine del teatro greco, dove stanno preparando una rappresentazione da mettere in scena la settimana prossima davanti al Re e alla Regina; così abbiamo visto Medea in una parrucca dal colore sulfureo e Alcesti, in bombetta e soprabito, declamare le loro parti. È stato piuttosto bello.
La vacanza proseguì con una tappa a Napoli, ma Virginia rimase inquieta dopo aver visitato gli scavi di Pompei, trovò “deprimenti” i mosaici romani e “impressionanti” i calchi degli scheletri e l’atmosfera generale. A Roma invece, la sensazione fu del tutto opposta: ecco una descrizione della Terrazza e dei Giardini del Pincio.
Senza dubbio dovrei stabilirmi qui - supera tutte le mie aspettative: è vacanza oggi e tutti i luoghi turistici sono chiusi, così non abbiamo fatto nulla a parte sedere nei giardini e passeggiare verso San Pietro. Non so perché si percepisce che [Roma] è così superiore alle altre città - forse per il colore, suppongo. È un giorno perfetto; tutti i fiori sono appena sbocciati, ci sono grandi cespugli di azalee disposti lungo i sentieri; alberi di Giuda, cipressi, prati, statue, tra cui vagano le infermiere italiane nelle loro sete giallo primula e rosa, con i loro veli e i loro laccetti e invece di leggere Proust, come volevo fare, mi trovo a ondulare come un pesce di qua e di là tra le foglie e i fiori e a nuotare attorno a un grande vaso di terracotta che cambia dal rosso arancio al verde foglia - è incredibilmente bello - oh e c’è San Pietro in lontananza; e le persone siedono sul parapetto, tutti molto distinti, le più belle donne d’Europa, con piccole testoline orgogliose.
Mi entusiasmo sempre quando scopro degli incroci tra i vari viaggiatori di cui mi sto occupando. In questo viaggio, ad esempio, passando in treno per Civitavecchia, Virginia avvistò seduto su una panchina D.H. Lawrence, che noi abbiamo incontrato solo qualche puntata fa!
Ma soprattutto c’è una sorta di pellegrinaggio, quando nella successiva visita italiana, nel 1933, Virginia Woolf visitò Lerici, per vedere la casa dove avevano abitato Percy e Mary Shelley4.
[Shelley] scelse un porto; una baia; e la sua casa, con un balcone, su cui stava Mary, guarda fuori, verso il mare. Barche a vela inclinate passavano stamattina. Una cittadina ventosa, di case meridionali rosa acceso e gialle, non molto cambiata, suppongo; piena del frangersi delle onde, molto aperta al mare; e la casa piuttosto desolata con il mare proprio davanti. Shelley, immagino, faceva il bagno, camminava, sedeva sulla spiaggia qui; e Mary e la signora Williams prendevano il caffè sul balcone. Oserei dire che il modo di vestire e le persone sono praticamente le stesse.
La casa di Shelley che aspetta sul mare, e Shelley che non arriva, e Mary e la signora Williams guardano dal balcone e poi da Pisa arriva Trelawny, e brucia il corpo sulla spiaggia, questo c’è nella mia testa.
All’inizio del 1933 Virginia prese un po’ di lezioni di italiano (“sono così stufa dei verbi irregolari”), ma soprattutto lei e Leonard comprarono un’automobile.
La nostra auto è arrivata - argento e verde, volano fluido, tettuccio Tickford - Lanchester 18 - cosa si potrebbe volere di più? Scivola con l’agilità di un’anguilla, con la velocità di una rondine e con la potenza di una tigre - che spot! - ma una tigre catturata nel pieno della sua giovinezza e messa a fare su e giù per Piccadilly, Bond Street.
A maggio decisero di usarla per un nuovo viaggio in Italia.
Sono sempre stata qui in treno, prima - non puoi immaginare che differenza fa guidare, o fare da passeggera. Ci fermiamo oppure andiamo avanti; e pranziamo sotto i cipressi, con gli usignoli che cantano e le rane che gracidano, e saliamo la cima di colline dove nessuno è mai stato prima.
Stavolta la meta del viaggio fu la Toscana (“la più bella e la più pura Italia”), in particolare Siena e Lucca, ma tornarono attraversando le Cinque Terre, passando da Lerici, appunto, e qui ho trovato un appunto sulla situazione politica italiana di allora:
L’Italia fascista non mi piace per niente - ma ssh! - c’è la camicia nera sotto la finestra - così basta.
Il clima in Europa stava rapidamente peggiorando. Nell’ultimo viaggio verso l’Italia, nel 1935, Virginia e Leonard passarono attraverso la Germania e a Bonn si ritrovarono a guidare in mezzo alla folla che stava andando ad assistere a un comizio nazista (probabilmente di Hermann Goering, anche se Virginia scrive “abbiamo quasi incontrato Hitler faccia a faccia”).
A questo proposito, vorrei dare un po’ di spazio a Leonard Woolf, che fu uno dei primi a capire il pericolo rappresentato da fascismo e nazismo e a denunciarlo in una serie di saggi. In particolare trovo geniale l’idea del suo Quack, quack!, uscito nel 1935 e introvabile, temo: da quel che sono riuscito a capire, qui Leonard metteva fianco a fianco fotografie di Hitler, Mussolini e di divinità della guerra delle società primitive: come si vede dalla copertina qui sotto, le similitudini nelle espressioni facciali sono evidenti! I Quacks - così lui chiama i dei della guerra - si affermano nei periodi difficili, facendo leva sulla paura, sull’odio e sulla colpevolizzazione di capri espiatori: anche Mussolini e Hitler sono dei Quacks e comunicano a un livello ancestrale, facendo leva su istinti primitivi.
A sua volta Virginia raccolse le sue riflessioni nel saggio Le tre ghinee (1938), dove (semplifico tantissimo!) i regimi autoritari e la guerra sono visti come inevitabili in una società patriarcale, a cui si deve invece contrapporre un pacifismo femminista.
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In realtà Pasqua nel 1927 non era quel giorno: forse si tratta di una via crucis o di qualche festa per la Domenica delle Palme, ma quando Virginia scrive è sabato 9 aprile.
Nella mitologia greca Alfeo era uno dei figli del dio Oceano e a sua volta dio dell’omonimo fiume: si era innamorato della ninfa Aretusa, che per sfuggirgli scappò in Sicilia (a Siracusa, appunto) e si trasformò in una fonte. Alfeo pregò allora Zeus di cambiare il corso del suo fiume e farlo sfociare a Siracusa, in modo da ricongiungersi ad Aretusa.
John Everett Millais era uno dei pittori fondatori del gruppo dei Pre-Raffaelliti: è suo il celebre dipinto Ofelia. Qui Virginia Woolf si riferisce alle illustrazioni di Millais per The Cornhill Magazine, rivista letteraria che pubblicò tra gli altri i lavori di Henry James, Conrad e Charlotte Bronte. Per 11 anni la rivista fu diretta dal padre di Virginia, Leslie Stephen.
Devo averlo già scritto, ma la storia di Percy e Mary Shelley in Italia è quella che mi ha davvero convinto a fare il fumetto da cui è nata questa newsletter. Un po’ l’ho già disegnata, come si può vedere in questo post (solo per gli abbonati).