Incontri ravvicinati
Trovarsi al cospetto del Papa e poi del Re d'Italia era sempre un'esperienza degna di essere raccontata. Con maggiore o minore entusiasmo lo hanno fatto Goethe, Oscar Wilde, Henry James e H.G. Wells
Non è passato molto tempo dall’elezione del Presidente della Repubblica: in quella settimana di dirette televisive abbiamo visto inquadrare mille volte la piazza del Quirinale, l’omonimo palazzo e il celebre campanile a vela. Ma forse non ci sarà venuto in mente che il Quirinale, prima di ospitare i Presidenti della Repubblica italiana, è stato la residenza dei Re d’Italia, e prima ancora dei Papi.
Per i nostri viaggiatori, incontrare il Papa e/o il Re era sempre un’esperienza degna di essere raccontata. È strano notare il fascino che queste figure - soprattutto i Papi - esercitavano anche su persone che in teoria ne avrebbero dovuto essere immuni. Perfino Goethe ha un momento di esitazione quando vede Papa Pio VI per la prima volta. È il 2 novembre 1786 e il Quirinale apre le porte liberamente a tutti, mentre il Pontefice celebra la messa per i defunti. Goethe è appena arrivato a Roma e si precipita ad assistere all’evento.
Fui colto dallo strano desiderio che il capo della Chiesa aprisse la sua bocca dorata e, parlando con il rapimento e l’ineffabile beatitudine dell’anima in stato di grazia, portasse anche tutti noi in estasi. Ma lo vedevo solo muoversi avanti e indietro rispetto all’altare, e girarsi ogni tanto di qua ogni tanto di là, e bisbigliare tra sé e sé e insomma comportarsi come un comune parroco, così il peccato originale del Protestantesimo si risvegliò in me, e la ben nota e ordinaria messa per i defunti non esercitò nessun incanto su di me.
Molti anni dopo, nell’aprile del 1900, Oscar Wilde avrà un’impressione del tutto opposta al cospetto di Leone XIII.
Arrivammo a Roma il Giovedì Santo […] e ieri sono apparso in prima fila tra i pellegrini in Vaticano e ho ricevuto la benedizione del Santo Padre - una benedizione che mi avrebbero negato. Lui era meraviglioso mentre, di fronte a me, veniva trasportato sul suo trono, non era un essere di carne e ossa, ma un’anima bianca vestita di bianco, e un artista oltre che un santo. Non ho visto nulla di paragonabile alla straordinaria grazia dei suoi gesti, quando a intervalli si alzava per benedire - forse i pellegrini, sicuramente me.
Non è ben chiaro da cosa nascesse questa passione di Wilde per il Papa, lo scrisse lui stesso: “La mia posizione è curiosa: non sono cattolico, sono semplicemente un feroce Papista. Nessuno potrebbe essere più ‘nero’ di me”. I “neri” erano all’epoca quelli che si schieravano dalla parte del Papa contro il Regno d’Italia: siamo in un’epoca pre-concordato, in cui la Chiesa si rifiutava di riconoscere la legittimità dello Stato italiano. Durante il pontificato di Leone XIII i rapporti erano ancora talmente tesi che fu proprio in quel periodo che il Consiglio comunale di Roma, sostenuto dal primo ministro Francesco Crispi, decise di erigere il monumento a Giordano Bruno a Campo de’ Fiori. Il Papa la prese malissimo.
Oscar Wilde, nei giorni che trascorse a Roma nel 1900, non fece praticamente altro che vedere il Papa (“Ogni volta è vestito in modo diverso; è delizioso”). Si era anche convinto che la benedizione di Leone XIII lo avesse guarito da un’intossicazione da frutti di mare che lo perseguitava da mesi (“È vero, e sapevo che sarebbe successo”). Ma oltre al Papa, Wilde incrociò anche il Re Umberto I.
Ieri è successo un fatto spiacevole. Conosci l’effetto terribile, quasi di soggezione, che i Reali hanno su di me: bene, ero davanti al Caffè Nazionale con un caffè ghiacciato con gelato - una bevanda deliziosa - quando il Re passò lì davanti. Subito mi alzai in piedi e gli feci un profondo inchino, con il cappello levato - per l’ammirazione di alcuni ufficiali italiani al tavolo di fianco. Fu solo quando il Re era ormai passato che mi ricordai che io sono Papista e Nerissimo! Ero molto seccato: comunque spero che il Vaticano non lo venga a sapere.
Henry James, nel suo libro Ore italiane, racconta un analogo faccia a faccia con un altro Re d’Italia, Vittorio Emanuele II, avvenuto probabilmente nel 1873.
[Il re] è così brutto, così grandiosamente brutto come certi idoli, anche se non è così inaccessibile. L’altro giorno mentre passavo per il Quirinale lui vi saliva in una carrozza bassa con un solo attendente; e un gruppo di uomini e donne che stavano aspettando vicino al cancello corsero verso di lui con dei foglietti piegati in mano. La carrozza rallentò il passo e lui intascò i fogli offerti con l’aria di un uomo d’affari - come un uomo gentile accetta volantini a un angolo della strada. Ecco un monarca al cancello del suo palazzo mentre riceve petizioni dai suoi sudditi - esortato a raddrizzare i loro torti. La scena avrebbe dovuto emozionarmi, ma in qualche modo non aveva più intensità di un’incisione su un giornale illustrato. Domestica, dovrei chiamarla tutt’al più; ammirevole anche, certamente, perché di recente sono rimasti pochi i sovrani, credo, al cui popolo piace avere queste relazioni filiali così alla mano.
Henry James non si fa nessun problema a definire “brutto” Vittorio Emanuele II. Questo aggettivo venne (secondo me) a stento trattenuto da H.G. Wells, che nel 1917 si trovò faccia a faccia con Vittorio Emanuele III. L’incontro avvenne vicino Udine, durante la visita dello scrittore sul fronte italiano della Prima Guerra Mondiale. Wells scriveva per la propaganda inglese1 e non poteva certo dire che il sovrano con cui il Regno Unito si era alleato era brutto e bassetto (come indubbiamente era).
Consegnai il mio cappello a una seconda guardia del corpo e mentre lo facevo un uomo piacevolmente sorridente apparve sulla porta dello studio, pensai dapprima che doveva essere qualche ministro in visita. Non lo riconobbi subito perché sui francobolli e sulle monete è sempre di profilo. Cominciò a parlare del mio viaggio in un inglese eccellente, io risposi, e così parlando entrammo nello studio da cui era uscito. Capii allora che stavo parlando con il re.
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Come altri scrittori inglesi - Conan Doyle e Rudyard Kipling - Wells fu mandato a visitare il fronte italiano: in questa newsletter ne abbiamo già parlato più in dettaglio.