Ingres innamorato
Fanatico "di Raffaello e del suo secolo", il pittore visse a Roma per molti anni, alternando successi e cadute. La sua storia ci riporta nell'Italia a cavallo tra età napoleonica e Restaurazione
Eccomi dunque in Italia. Non abbiamo lasciato la catena delle Alpi che a Torino, città ammirevole. Da là siamo arrivati a Milano, grande cittadona noiosa, eccetto per le chiese, che in Italia sono della più grande bellezza. Da Milano, siamo andati a dormire a Lodi, da Lodi a Piacenza, da Piacenza a Parma, da Parma a Reggio, da Reggio alla bella Modena, da Modena a Bologna la grassa, dove tutto è nobile e bello; ho visto una torre che ha l’aria di stare per cadere e che, tuttavia, è molto solida, perché è stata costruita così. Ecco l’effetto che fa (qui un disegnino1), e da Bologna a Firenze la bella, è l’appellativo giusto, dove tutto ricorda i Medici e il bel Rinascimento delle arti in Italia.
Siamo nei primi giorni dell’ottobre del 1806 quando il pittore Jean-Auguste-Dominique Ingres, all’epoca 26enne, fa il suo ingresso in Italia percorrendo l’itinerario descritto qui sopra. Ingres aveva appena vinto il Prix de Rome, la borsa di studio per artisti che dava diritto a una residenza a Villa Medici, da pochi anni sede dell’Accademia di Francia a Roma. Ingres non poteva saperlo ma sarebbe rimasto in Italia per 18 anni, fino al 1824.
Entriamo così nella sterminata opera di Ingres, che ha moltissimi legami con l’Italia (perciò questa newsletter sarà particolarmente lunga e ricca di immagini e note: avrei voluto metterne anche di più ma già così ho raggiunto i limiti previsti!). Possiamo dire che la pittura di paesaggio non era materia d’interesse per il pittore francese, tuttavia tra i pochissimi paesaggi dipinti da Ingres ci sono alcune vedute romane2, realizzate proprio nel suo primo anno a Roma: ci danno l’idea di com’era la città in cui visse così a lungo.
Forse non c’è un altro pittore più innamorato del Rinascimento di Ingres, che aveva una passione particolare per Raffaello. “Sì, dovrei essere accusato di fanatismo per Raffaello e il suo secolo”, scrive in una lettera del 1821. E ancora, nel 1822: “A rifletterci bene, Raffaello è Raffaello perché ha solamente, meglio degli altri, conosciuto la natura. Ed ecco tutto il suo segreto, segreto che tutti conoscono e che così pochi sanno utilizzare per il progresso dell’arte”. La passione di Ingres per Raffaello è così forte che non si riflette non solo nel suo stile: il pittore italiano entra addirittura tra i suoi soggetti (anche se non è l’unico personaggio del Rinascimento ritratto da Ingres: ci sono anche Pietro Aretino, Tintoretto3 e Leonardo Da Vinci).
L’amore per la purezza e l’eleganza di Raffaello si ritrova in uno dei dipinti più famosi di Ingres: La bagnante di Valpinçon o La grande bagnante. Il dipinto fu realizzato a Roma nel 1808, ma fu esposto a Parigi solo nel 1855!
Durante i suoi anni a Roma, Ingres continuava a mandare regolarmente le sue opere al Salon4 di Parigi: ma il fatto è che non piacevano. Anche l’ultimo dipinto realizzato nel periodo della borsa di studio, Giove e Teti (1811), fu accolto in Francia da diverse critiche. Così Ingres decise di rimanere a Roma, dove almeno stava trovando dei committenti interessanti. Decise anche di sposarsi con Madeleine Chapelle, una giovane sarta di Guéret, una cittadina nel cuore della Francia. Ecco come Madeleine, in una lettera a un amico, descrive il suo futuro sposo:
Adesso vorrai sapere chi è. Te lo dico: è un pittore. Non un imbianchino, ma un grande pittore di storia, un grande talento. Guadagna da dieci a dodicimila lire di rendita: capisci che con questo non si muore di fame. È di buon carattere, molto dolce: non è né bevitore, né giocatore, né libertino; non ha difetti di cui temere; promette di rendermi molto felice, e io amo crederlo. Tu credi che sarà a Guéret che mi sposerò. Per niente, mio buon amico! È a Roma, ascolta bene, a Roma. Diventerò italiana.
Ed ecco Madame Ingres ritratta dal novello sposo:
Nel 1814 le cose sembrano andare bene per Ingres. Ha aperto un suo studio e ha una committente decisamente importante: la sorella di Napoleone, Caroline Bonaparte, moglie di Joachim Murat e regina consorte di Napoli. Per lei realizzò La grande odalisca.
Il dipinto fu accolto benissimo, tanto che Ingres venne invitato a corte a Napoli, dove soggiornò per tre mesi: era la prima volta che lasciava Roma dopo otto anni. Scrive in una lettera5:
Lavoro in questo momento per la regina di Napoli. Sto terminando un suo piccolo ritratto in piedi […] lei per la verità mi ha chiesto di fare i ritratti di tutti, di loro due e dei bambini, ma tutto questo dipenderà dalle circostanze, come potete ben immaginare. Sono stato ricevuto perfettamente e quest’opera potrebbe essere vantaggiosa per la mia fortuna, ma nel frattempo cerco di vivere.
Ma è il 1814: a febbraio gli eserciti della Sesta coalizione invadono la Francia, Napoleone è costretto alla resa e a maggio inizia il suo esilio all’Isola d’Elba. Il destino dei Murat è legato a filo doppio con quello di Napoleone, e quando l’imperatore fugge dall’Elba, Joachim Murat dichiara guerra all’Austria, viene sconfitto nella battaglia di Tolentino e il 21 aprile lascia Napoli per rifugiarsi in Corsica. A maggio anche Caroline lascia per sempre Napoli. E così le cose si mettono male anche per Ingres, come scrive in questa lettera del 1818:
La caduta della famiglia Murat, a Napoli, mi ha rovinato per due tele perdute o vendute senza essere state pagate; questo ha causato un dissesto così grande nelle mie piccole finanze che non sono ancora riuscito a ripararlo […]. Fui costretto allora ad adottare un genere di disegno (ritratti a matita), mestiere che ho fatto a Roma per due anni. Spero che riconoscerai in questo la mia buona stella. Dopo due anni, il conte di Blacas, nostro ambasciatore, mi ha rimesso il pennello in mano.
L’ambasciatore della Francia presso la Santa sede Pierre Louis Jean Casimir de Blacas era un amante dell’arte (si occupò anche dello scavo del Foro Romano!) e commissionò a Ingres una nuova incursione nel Rinascimento italiano, in una tela intitolata La morte di Leonardo Da Vinci.
Stanco di Roma, nel 1820 Ingres decise di trasferirsi a Firenze. Andò a vivere a casa dell’amico scultore Lorenzo Bartolini6 - che tra le altre cose è l’autore di un busto di Lord Byron! - Ecco come passavano le loro giornate, in una lettera scritta da Ingres nell’aprile 1821:
Ecco come viviamo dall’amico Bartolini. Ci alziamo alle sei, facciamo colazione con un caffè, alle sette, e ci separiamo per trascorrere tutta la nostra giornata al lavoro, nei nostri atelier. Ci si rivede la sera alle sette per cenare, un momento di riposo e di conversazione fino a che non si fa l’ora del teatro, dove Bartolini va tutte le sere della sua vita. Ci rivediamo l’indomani, a colazione, e così tutti i giorni. Questa vita uniforme, a dire la verità, è quella consona agli artisti che si occupano solamente della loro arte.
A quanto pare Ingres è un uomo senza vizi - come ci ricordava la moglie Madeleine - e totalmente dedito alla pittura. Solo la musica, l’altra sua grande passione, può trovare spazio nella sua ferrea routine. Ingres amava in particolare Gluck, Mozart, Haydn e Beethoven ed era lui stesso un musicista. C’è anche un dipinto realizzato da un suo allievo che lo mostra intento a suonare il violino, nel suo studio, mentre scambia uno sguardo con la moglie Madeleine.
E poi Ingres frequentava i musicisti: aveva conosciuto e ritratto il violinista Niccolò Paganini e il compositore Luigi Cherubini. La celebre fotografia di Man Ray che ritrae una donna di spalle con i fori di risonanza a forma di f, tipici del violino, si chiama appunto Le violon d’Ingres (1924) ed è ispirata al dipinto La grande bagnante.
Nel 1824 finalmente Ingres riesce ad avere successo anche in Francia, con il dipinto Il voto di Luigi VIII: viene visto come il campione del classicismo, in contrasto con il romanticismo espresso da Delacroix. Ottiene anche la Legion d’onore. Decide quindi di tornare a Parigi, ma forse si trova un po’ costretto nel ruolo che gli hanno cucito addosso. Dopo tanti ritratti, prova a dedicarsi a soggetti storici, ma nel 1834 il suo Il martirio di San Sinforiano viene accolto di nuovo molto male. Offesissimo, Ingres fa domanda come direttore dell’Accademia di Francia a Roma, la vince, e dal 1834 al 1841 torna a vivere a Roma, in un esilio auto-imposto.
Sarà per la rabbia e le umiliazioni subite in patria, ma lo sguardo di Ingres sulla città cambia, in un’altalena di rimpianti tra Roma e Parigi.
Roma non è più Roma. I monumenti invecchiano, gli affreschi hanno dei capelli bianchi che fanno male a vederli, le processioni e le cerimonie sono un po’ meno belle: non ci sono più persone pittoresche, né dentro né fuori; dappertutto delle maniche a sbuffo. Tutto si degrada; ma, malgrado questo, le teste sono di grande bellezza, le opere dell’arte antica sempre sublimi, il cielo, il sole, i templi, ammirevoli, e soprattutto Raffaello brillante di bellezza, un essere veramente divino sceso tra gli uomini, il che significa che in sintesi Roma è ancora superiore a tutto, Parigi viene dopo.
Forse è la Roma della restaurazione che non piace a Ingres, che aveva vissuto molti anni nell’Italia napoleonica. Sono anche anni duri, in cui non è soddisfatto e non è per nulla contento della direzione che sta prendendo l’arte a lui contemporanea. In ogni caso, quando lascia Roma per l’ultima volta, nel 1841, il suo ultimo pensiero è inevitabilmente per Raffaello.
Sono infine uscito da questa bella Roma, di cui si sente l’enorme valore solo quando la si lascia. Come capiamo bene allora quanto vale! Ahimè! Non ho potuto dire addio a Raffaello se non piangendo come un bambino, a calde lacrime: perché chi sa se rivedrò mai il Vaticano?
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Ho cercato dappertutto ma non sono riuscito a trovare questo disegnino, in cui se capisco bene Ingres deve aver disegnato la Torre degli Asinelli.
Ad esempio l’aranceto di Villa Borghese e il Casino dell’Aurora di Villa Ludovisi, entrambi realizzati nel 1806.
Vedi i dipinti Aretino nello studio di Tintoretto e Aretino e l’ambasciatore di Carlo V, entrambi del 1815.
Il Salon era l’esposizione periodica che si svolgeva ogni due anni a Parigi, dal 1667 al 1863. A giudicare dalla quantità di piccoli e grossi scandali che hanno accompagnato la sua storia, oserei definirlo il Festival di Sanremo dell’arte!
La lettera l’ho trovata in questo articolo di Gennaro Toscano, tutto dedicato al soggiorno di Ingres a Napoli.
L’amicizia tra Ingres e Bartolini risale già al primo anno dell’arrivo del pittore in Italia (e i due sono citati in coppia anche nel diario di Stendhal): ci sono ben due ritratti dello scultore, uno del 1806 e l’altro del 1820.