La Sardegna di D.H. Lawrence
L'autore de "L'amante di Lady Chatterley" attraversò l'isola nel 1921 insieme alla moglie Frieda von Richthofen, viaggiando zaino in spalla su vagoni di terza classe e su una delle prime corriere
Per noi andare in Italia, penetrare nell’Italia, è un’affascinante atto di scoperta di sé - - indietro, indietro, lungo le antiche vie del tempo. Strane e meravigliose corde si risvegliano in noi, e vibrano ancora dopo centinaia di anni di completo oblio.
Credo che queste righe scritte da David Herbert Lawrence siano valide per tutti i viaggiatori che abbiamo incontrato in questa newsletter. Quasi tutti arrivavano in Italia con la vaga idea di visitare i monumenti della classicità e finivano invece per scoprire qualcosa di loro stessi. Lo scrittore inglese (l’autore de L’amante di Lady Chatterley) inserì queste riflessioni in Mare e Sardegna1, il libro che racconta il suo viaggio nell’isola nel 19212.
Lawrence era partito per un esilio volontario dall’Inghilterra, che poi lo portò in giro per tutto il mondo, dopo essere stato ostracizzato in patria per le sue posizioni antimilitariste durante la Prima guerra mondiale, aggravate agli occhi delle autorità dal suo matrimonio con Frieda von Richthofen, figlia di un barone tedesco e imparentata nientemeno che con il Barone rosso.
All’inizio di Mare e Sardegna, troviamo David Herbert (d’ora in poi D.H.) e Frieda in Sicilia, a Catania, indecisi sul da farsi e resi nervosi dalla presenza dell’Etna.
Dove andare? C’è Girgenti al sud. C’è Tunisi a portata di mano. Girgenti, e lo spirito sulfureo e i templi greci che fanno la guardia, per diventare ancora più matti? Mai. Nemmeno Siracusa, e la follia delle sue grandi cave. Tunisi? Africa? Non ancora, non ancora. Non gli arabi, non ancora. Napoli, Roma, Firenze? Pessima idea. Dove allora?
Dove allora? Spagna o Sardegna. Spagna o Sardegna. Sardegna, che è come dire da nessuna parte. Sardegna, che non ha storia, né età, né razza, né qualcosa da offrire. Diciamo Sardegna allora. Dicono che né i Romani né i Fenici, né i Greci né gli Arabi abbiano mai domato la Sardegna. Lei si trova al di là; al di là del circuito della civilizzazione.
Si può facilmente immaginare il contrasto su cui si gioca tutto il libro di Lawrence: uno scrittore inglese e una nobildonna tedesca (magari non ricchissimi, ma certo benestanti) alle prese con pastori e minatori sardi, con tutti gli inevitabili equivoci e incomprensioni che può comportare questo strano confronto.
Tuttavia quello che mi ha colpito di più in Mare e Sardegna è lo sguardo di D.H. sull’Italia del 1921, dove le conseguenze della Prima guerra mondiale sono ancora molto presenti e l’eco della Rivoluzione russa si fa sentire in ogni conversazione (i muri di Trapani, riporta lo scrittore, sono pieni di scritte W LENIN e ABBASSO LA BORGHESIA). Le idee politiche di Lawrence non mi sono del tutto chiare - come minimo sono contraddittorie - ma credo di poter dire che odiasse l’omologazione sopra ogni altra cosa.
Dovunque vai, dovunque ti trovi, vedi questo cachi, questo abbigliamento da guerra grigio-verde. Quanti milioni di yards di questo spesso, eccellente ma odioso tessuto il governo italiano abbia fornito non lo so: ma abbastanza per ricoprire l’Italia di un tappeto di feltro, mi viene da pensare. È dappertutto. Impacchetta i bambini piccoli in abiti e cappotti rigidi e neutri, ricopre i loro padri stremati, e a volte col suo calore avvolge anche le donne. È simbolico dell’universale nebbia grigia che è caduta sugli uomini, lo spegnersi di ogni brillante individualità, l’offuscarsi di ogni selvaggia unicità. Oh democrazia! Oh democrazia del cachi!
In Sardegna Lawrence trova quello che si aspetta di trovare. Scenari più ordinari magari, ma più selvaggi, spazi aperti, “niente di finito, niente di finale”, in contrasto con il resto dell’Italia, che ha un paesaggio “quasi sempre drammatico, forse invariabilmente romantico”. Anche le persone sono più oneste, più aperte anche se con una certa durezza: comunque Lawrence preferisce i sardi agli “esasperanti, impossibili siciliani”, “dolci e così completamente spietati”. La differenza la nota appena sbarcato al porto di Cagliari: “Grazie al cielo nessuno vuole portare il mio zaino. Grazie al cielo nessuno va in crisi a vederlo. Grazie al cielo nessuno vi presta attenzione. Rimangono freddi e distanti, e non si muovono”.
D.H. e Frieda viaggiano zaino in spalla, con un piccolo bagaglio a mano che chiamano kitchenino. Ecco cosa contiene:
Alcool denaturato, un piccolo tegame di alluminio, una lampada ad alcool, due cucchiai, due forchette, due piatti di alluminio, sale, zucchero, tè - cos’altro? Il thermos, vari panini, quattro mele e una piccola scatola di burro.
Viaggiano in treno, in terza classe anche se si potrebbero permettere la prima. Perché i vagoni di terza classe non sono divisi in compartimenti, “sono lasciati aperti, così puoi osservare tutti gli altri, come in una stanza”. Sbarcati nell’isola il 6 gennaio 1921, viaggiano da Cagliari a Mandas, poi da Mandas a Sorgono, sempre più nel cuore della Sardegna. I momenti comici non mancano, con gli “indigeni” che rispondono a monosillabi (quando rispondono) e proprio non capiscono cosa ci facciano dei turisti in quella zona dell’isola, e con la coppia che prova a procurarsi il necessario per un tè col latte in paesini quasi del tutto sprovvisti di comfort.
Proprio su una carrozza di terza classe, sul treno Mandas-Sorgono, si svolge una delle scene secondo me più interessanti di Mare e Sardegna.
Un’inattesa irruzione di uomini - - potrebbero essere minatori o marinai o contadini. Uno, anziano, ha il tipico costume bianco e nero, ma molto sporco, cade a pezzi. Gli altri indossano stretti calzoncini color mattone e gilet senza maniche. Alcuni hanno una veste di pelle di pecora, tutti indossano un lungo berretto a calza. E come puzzano! di lana di pecora e di uomini e di capra. Un odore fetido riempie il vagone.
Ecco il mito del buon selvaggio che si incarna in questi sardi con “facce medievali” e “sempre sulla difensiva”:
Ognuno di loro sa che deve badare a se stesso e alle sue cose: ognuno di loro sa che il diavolo è dietro il prossimo cespuglio. […] Non che siano sospettosi o a disagio. Al contrario, il loro portamento è rumoroso, deciso, vigoroso. Ma senza quell’implicita convinzione che tutti saranno e dovranno essere buoni con loro, che è il marchio della nostra epoca. Non si aspettano che la gente sia buona con loro. Non lo vogliono. Mi ricordano cani per metà selvatici disposti ad amare e obbedire, ma che non si lasciano avvicinare. Non si lasciano toccare sulla testa. Non si lasciano accarezzare. Si può quasi sentire il ringhio per metà selvaggio.
È in particolare l’abbigliamento degli uomini, e soprattutto il berretto (credo che si tratti della berrita), così diverso dal cachi imperante, che per lo scrittore inglese diventa un simbolo di resistenza all’omologazione.
Non si può fare a meno di chiedersi se la Sardegna resisterà. Le ultime onde dell’illuminismo e dell’unità mondiale si abbatteranno su di loro, trascinando via quei berretti? Oppure la marea dell’illuminismo e dell’unità mondiale sta già rientrando, abbastanza velocemente?
L’incontro con questi pastori/minatori/contadini diventa stranamente un'occasione per riflettere sulle sorti del mondo - un mondo ancora scosso dalla guerra e dalla Rivoluzione d’ottobre - e qui Lawrence è contemporaneamente criptico e stranamente premonitore. Vede una Russia che da un lato, con la Terza Internazionale, guarda all’esterno (“Siamo destinati a fonderci tutti in un unico proletariato grigio e omogeneo?”), ma che allo stesso tempo tende a richiudersi nell’isolazionismo nazionale. Prevede anche l’ascesa degli Usa: “Sicuro come la sorte, siamo alle soglie di un impero americano”.
Sarò felice quando gli uomini odieranno i loro vestiti ordinari e uguali in tutto il mondo, quando se li strapperanno di dosso e si vestiranno fieramente per distinguersi.
Strane riflessioni da fare su un treno sperduto in mezzo alla Sardegna, ma appunto, a dettarle a Lawrence è proprio la visione di questi passeggeri così poco omologati:
Amo i miei ruvidi e indomabili uomini dei monti di Sardegna, per i loro berretti e per la loro splendida stupidità da animali scaltri.
Ma una volta arrivato a Sorgono, al centro geografico della Sardegna, le idee di Lawrence sono messe a dura prova! L’unica stanza libera alla locanda “Ristorante Il risveglio” è lurida, con le pareti che portano le tracce di decine di zanzare spiaccicate. L’oste si presenta con un grembiule macchiato di vino, non ha latte, non ha cibo e non ha nemmeno acceso il fuoco. La strada è ugualmente sporca, e in più i paesani non si fanno problemi a fare i loro bisogni davanti a tutti, agli angoli delle strade. E così D.H. si infuria.
Maledissi quegli aborigeni degenerati, l’oste dalla camicia sporca che osava tenere una locanda di quel genere, i sordidi paesani che avevano la bassezza di liberarsi delle loro bestiali sporcizie umane in questa valle sull’altopiano. Tutto il mio elogio del berretto a calza - - ricordate? - - è svanito dalla mia bocca. Li ho maledetti tutti.
Alla fine del suo soggiorno al Risveglio, Lawrence non può fare a meno di sfogarsi contro l’oste, che naturalmente rimane muto:
Perché, perché tiene una locanda? Perché scrive la parola Ristorante così in grande quando non ha nulla da offrire alla gente, e non ha nemmeno intenzione di avere qualcosa da offrire. Perché ha l’impudenza di accogliere dei viaggiatori? Che significa che questa è una locanda? Che cosa significa? Me lo dica - che significa? Che significa, il suo Ristorante Risveglio, scritto così grande?
Ma l’Italia descritta da Lawrence è appunto sospesa tra antico e moderno. Per andar via da Sorgono, verso Nuoro e poi Terranova Pausania (l’attuale Olbia), D.H. e Frieda prendono la corriera, una novità in quelle zone della Sardegna: “Il bus a motore è una grande innovazione. Sta circolando solo da cinque settimane”.
Le strade d’Italia mi impressionano sempre. Corrono imperterrite lungo le regioni più scoscese, e con una curiosa agilità. In Inghilterra una strada del genere sarebbe contrassegnata come tre volte pericolosa e sarebbe famosa dappertutto come una salita impossibile. Qui non è nulla. Vanno su e giù, dondolando con completo sangue freddo. Sembra che siano state costruite senza nessuno sforzo. […] Penso che sia meraviglioso il modo in cui gli italiani sono penetrati in tutte le loro regioni inaccessibili, di cui sono così ricchi, con grandi superstrade: e il modo in cui lungo queste strade gli omnibus mantengano ora una comunicazione costante. Sembra esserci una passione per le superstrade e per una costante comunicazione. In questo gli italiani hanno davvero l’istinto dei Romani.
Gli italiani, e anche i contadini sardi, sono pronti a lanciarsi sulle strade.
Ho sempre una profonda ammirazione per la loro guida - che sia un grande omnibus o un’automobile. Sembra tutto così facile, come se l’uomo fosse parte della macchina.
Tutti i contadini hanno una passione per la superstrada. Vogliono che la loro terra si apra all’esterno, e ancora all’esterno. Sembrano odiare l’antico isolamento italiano. Vogliono tutti essere in grado di andarsene da un momento all’altro, di andare via veloci, veloci.
Rientrato in Sicilia, precisamente a Taormina, Lawrence terminò in fretta il suo diario di viaggio in Sardegna. A fine marzo del 1921 scriveva al suo editore:
Usa il titolo che vuoi per Sardegna:
- Un momento di Sardegna
In picchiata sulla Sardegna
Una corsa attraverso la Sardegna
Film della Sardegna o
Film della Sicilia e della Sardegna
- il titolo “Diario” era solo provvisorio
D.H. faceva fatica però a procurarsi foto dell’isola, così chiese al suo amico Jan Juta3, artista sudafricano, anche lui in Italia in quel periodo, di recarsi apposta in Sardegna per realizzare le illustrazioni per il libro.
Per sostenere il progetto
Alcuni episodi - uno su tre - di questa newsletter sono fatti di disegni miei e di tavole in via di lavorazione per il fumetto che sto facendo, e sono riservati a chi sottoscrive un abbonamento (mensile o annuale). Per iscriversi basta pigiare il bottoncino qui sotto.
Un altro modo per sostenere il progetto è condividere un singolo post o l’intera newsletter. In ogni caso grazie di cuore!
L’app di Substack
Proprio mentre scrivo, Substack, la piattaforma che utilizzo per questa newsletter, ha lanciato un’app per iOS (Iphone e Ipad): si può scaricare da qui sotto. Per chi ha Android c’è invece una lista d’attesa.
L’edizione italiana è pubblicata da Ilisso. C’è anche un’edizione bilingue in ebook e l’edizione solo in inglese che si può scaricare gratuitamente, sempre in formato ebook.
Nel 2021, a cento anni dal viaggio di D.H. Lawrence, è uscito anche un film che ripercorre il suo itinerario nell’isola, si chiama Return to Sea and Sardinia.
Nel 1920 Juta aveva già dipinto un ritratto di D.H. Lawrence.