L'ultima fatica di Ercole
Il trasloco dell'Ercole Farnese da Roma a Napoli, avvenuto nel 1787, collega curiosamente il viaggio in Italia di Goethe a quello (su pellicola) di Ingrid Bergman
Così scrive Goethe da Roma, nel gennaio 1787:
Roma è minacciata da una grave perdita. Il Re di Napoli vuole trasportare l’Ercole Farnese nel suo palazzo. Tutti gli artisti sono in lutto. Però, di conseguenza, stiamo per assistere a qualcosa che i nostri predecessori non videro mai. La parte superiore della statua, dalla testa alle ginocchia, e i piedi con il piedistallo su cui poggiano furono scoperti sui terreni dei Farnese. Mancavano le gambe dalle ginocchia alle anche, e Guglielmo della Porta fece per questi dei sostituti, su cui Ercole ha riposato fino a ora. Ma recentemente le gambe originali sono state rinvenute nei possedimenti dei Borghese e sono stati esposti a Villa Borghese.
Il principe Borghese ha ora deciso di regalare questi preziosi frammenti al Re di Napoli. Le gambe fatte da Porta sono state rimosse e sostituite da quelle autentiche. Anche se tutti finora sono rimasti perfettamente soddisfatti della statua per com’era, c’è la speranza che avremo il piacere di vedere qualcosa di decisamente nuovo e più armonioso.
L’Ercole di cui parla Goethe è una delle più celebri statue dell’antichità. Ne conosciamo l’autore (perché si è firmato!), e cioè Glicone di Atene, che nel II secolo d.C. realizzò l’opera basandosi sull’Ercole scolpito da Lisippo molti secoli prima, nel IV avanti Cristo. Ercole è raffigurato in un momento di tregua - viene anche chiamato Ercole a riposo - tra le varie fatiche che compongono la sua epopea. In mano, dietro la schiena, tiene i pomi d’oro rubati alle Esperidi, e cioè il bottino della sua penultima fatica.
Esistono moltissime statue di Ercole in questo atteggiamento, ma l’Ercole Farnese si distingue per la sua mole colossale. Alto più di tre metri, fu rinvenuto nelle Terme di Caracalla intorno al 1546, ma a pezzi. Come spiega Goethe, mancavano le gambe - dalle anche alle ginocchia - che furono integrate da della Porta.
Dopo il restauro la statua fu esposta nel cortile di Palazzo Farnese a Roma. La scultura era famosa in tutta Europa, era davvero una delle cose da vedere per tutti i viaggiatori e soprattutto per gli artisti: infatti la troviamo raffigurata e studiata nei quaderni di Rubens e Goya, mentre Giovanni Paolo Pannini la inseriva spesso nei propri capricci insieme ad altri simboli della Roma classica.
L’Ercole rimase a Palazzo Farnese fino al momento descritto da Goethe. Nel 1734 Carlo di Borbone (figlio di Elisabetta Farnese) era diventato Re di Napoli e aveva ereditato l’intera collezione Farnese, ma la decisione di trasferirla sotto il Vesuvio fu presa dal suo successore, Ferdinando IV. Il 20 luglio del 1787 Goethe scrive che…
L’Ercole Farnese è andato, ma l’ho visto sulle sue gambe originali. Non si capisce perché, per anni e anni, la gente ha trovato così buone quelle sostituite da Della Porta. Ora è una delle più perfette opere dell’antichità. Il Re progetta di costruire un museo a Napoli dove collocare ed esporre tutte le sue collezioni d’arte - quella di Ercolano, le pitture murali di Pompei, i dipinti da Capodimonte, l’intero lascito Farnese. Il nostro caro compatriota Hackert è stato il primo promotore di questo magnifico progetto. Anche il Toro Farnese emigrerà a Napoli, dove sarà collocato sulla Passeggiata1. Se potessero staccare da Palazzo Farnese la Galleria con gli affreschi di Carracci e trasportarla, lo farebbero.
Il viaggio di Ercole da Roma a Napoli fu preparato e organizzato da Domenico Venuti, soprintendente alle antichità del Regno di Napoli, con l’aiuto del pittore di corte Jakob Philipp Hackert (una nostra vecchia conoscenza). L’Ercole non era nemmeno la scultura più difficile da spostare: il Toro Farnese a cui fa riferimento Goethe è ancora più massiccio. Dato che le strade non erano asfaltate, l’acqua era più sicura per un’impresa del genere: non sono riuscito a trovare nulla sul trasloco di Ercole, ma sarà andata come per il Toro Farnese, che venne trasportato prima via Tevere e poi via mare. Ma diverse volte il battello che imbarcava il Toro si arenò nelle acque del fiume: la scultura pesava decisamente troppo.
Il fatto che tutto sia andato liscio ha del miracoloso. L’Ercole arrivò sano e salvo nel palazzo del Real Museo (cioè il MANN, il Museo archeologico nazionale di Napoli) dove si trova ancora oggi. È qui che avviene il faccia a faccia tra Ercole e Ingrid Bergman, in una meravigliosa scena di Viaggio in Italia, il film di Roberto Rossellini del 1954.
Ingrid Bergman meriterebbe una puntata a parte in questa newsletter. Per adesso ricordo solo che all’apice della sua carriera - dopo film come Casablanca e Notorius - scrisse a Roberto Rossellini proponendosi come attrice. Il regista la scelse come protagonista per Stromboli (Terra di Dio) e in breve i due iniziarono una relazione e lei rimase incinta. Ma la Bergman era sposata e si attirò così le ire di Hollywood e addirittura un’interrogazione al Senato degli Stati Uniti. Proprio come tanti altri viaggiatori che abbiamo incontrato, il suo trasferimento in Italia fu una sorta di fuga. Poi la Bergman ottenne il divorzio dal primo marito e sposò Rossellini. Insieme girarono anche Europa ‘51, ma si separarono nel 1955.
Viaggio in Italia2 - e la coppia in crisi che ne è protagonista - può essere letto anche come la cronaca della fine dell’amore tra la Bergman e Rossellini. Ho trovato anche le foto dal dietro le quinte della scena girata al MANN.
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È vero: il Toro Farnese fu collocato sul Real Passeggio di Chiaia - all’aperto! - e rimase lì per trent’anni, fino al 1823: tutto il viaggio del Toro è raccontato in questo video dell’Archivio di Stato di Napoli.
Il film intero - in inglese con sottotitoli in inglese però - si può vedere su YouTube.