Percy
Pacifista, ateo, vegetariano, femminista: le idee e lo stile di vita Shelley erano uno scandalo per gli inglesi di inizio '800, ma il poeta incarnava perfettamente il mito dell'eroe romantico
Il 5 luglio del 1969 i Rolling Stones tennero un concerto ad Hyde Park per commemorare il loro chitarrista Brian Jones, annegato nella piscina di casa sua (probabilmente per un mix di alcool e droghe) solo due giorni prima. In quell’occasione Mick Jagger lesse un estratto da Adonais1, il poema che Percy Bysshe Shelley aveva scritto nel 1821 in memoria di un altro poeta inglese romantico, John Keats, morto di tisi a Roma proprio in quell’anno.
Forse non è un caso che Jagger abbia scelto proprio le parole di Shelley. Se c’è qualcuno che ha incarnato il mito dell’eroe romantico, è proprio Percy. Un poeta incompreso dai suoi contemporanei e perseguitato da un destino avverso, dalla salute malferma e dalla vita sentimentale turbolenta (per i canoni di allora), e infine morto pochi giorni prima di compiere 30 anni. Praticamente una rockstar. Shelley, proprio come Keats, in cui vedeva un suo simile di qualche anno più giovane, era stato pesantemente attaccato dai critici letterari inglesi, tuttavia non erano tanto le sue poesie a infastidire la buona società anglosassone, quanto le sue idee.
Pur essendo nato in una famiglia aristocratica, Percy Bysshe Shelley era contro i privilegi dei nobili, era ateo, era pacifista, in politica era un riformista radicale, era a favore dell’indipendenza dell’Irlanda, a favore della parità dei generi, contro l’istituzione del matrimonio. Ed era anche un vegetariano. In effetti alcune delle sue posizioni erano talmente all’avanguardia che ai suoi tempi non erano ancora state coniate le parole che useremmo oggi per definirle. In fondo a questo post (nella parte a pagamento) ho raccolto un po’ di citazioni dall’opera di Shelley per quanto riguarda le sue idee politiche, sociali e religiose.
L’Inghilterra dell’epoca di Shelley era quella che dopo anni di guerra aveva finalmente sconfitto Napoleone Bonaparte a Waterloo, nel 1815, e con lui quel che restava delle idee della Rivoluzione francese. Come scrisse Aldous Huxley nel 1923, i benpensanti inglesi odiavano Shelley e allo stesso tempo ne erano terrorizzati2. Un buon esempio è il modo in cui il giudice e critico letterario John Taylor Coleridge recensì i lavori di Shelley su Quarterly Review, un periodico letterario molto legato ai Conservatori inglesi.
È davvero troppo giovane, troppo ignorante, troppo inesperto e troppo vizioso per intraprendere l’impresa di riformare qualsiasi mondo che non sia il piccolo mondo dentro il suo stesso petto.
Per molti altri critici Percy era senza dubbio un ottimo poeta, che però era finito su una cattiva strada, un giovane ostinato ribelle che stava sprecando il suo talento.
Percy aveva avuto problemi con le autorità fin da ragazzino, quando fu mandato a studiare in collegio3. A Eton si era rifiutato di sottostare al ferreo sistema gerarchico della scuola, una specie di nonnismo istituzionalizzato chiamato fagging, per cui le matricole dovevano fare da servitori ai ragazzi più grandi. Per questo venne preso di mira dai suoi compagni e soprannominato “Mad Shelley” (“Shelley matto”). Crescendo Percy sposò le idee dell’Illuminismo, ma una delle letture più influenti per lui fu un saggio di William Godwin, il padre di Mary Shelley: Enquiry Concerning Political Justice (Indagine sulla giustizia politica, 1791) era una delle prime teorizzazioni dell’anarchia e di una società basata sulla democrazia diretta, senza governi. Anche le opere di Mary Wallstonecraft, la madre di Mary Shelley, contribuirono a formare le sue idee, in particolare A Vindication of the Rights of Woman (Una rivendicazione dei diritti della donna, 1792).
Nel 1810 Percy riuscì a farsi cacciare da Oxford: aveva dato alle stampe un pamphlet intitolato La necessità dell’ateismo4, e non contento ne aveva mandato una copia a tutte le autorità più importanti della scuola. Deciso a non scusarsi e a non ritrattare le sue idee, Percy fu espulso, e anche il padre, Sir Timothy Shelley, minacciò di non mandargli più soldi. Da qui il poeta iniziò una vita di ristrettezze e vagabondaggi, che continuò fino al suo viaggio in Italia. Tra questi ci fu anche un viaggio in Irlanda, nel 1812, in seguito al quale Percy si appassionò alla causa dell’indipendenza dell’isola e scrisse An Address to the Irish People5 (Un appello al popolo irlandese, 1812), in cui tra le altre cose invitava a non ricorrere alla violenza. La salute di Percy cominciò presto a risentire di uno stile di vita non molto agevole: non ho mai capito bene di che cosa soffrisse, si parla di spasmi, attacchi nervosi, sonnambulismo e anche di crisi violente (qualcuno ritiene che fosse affetto da disturbo bipolare)6, contro cui a quanto pare assumeva abbondanti dosi di laudano, una sorta di mix di alcool e oppio.
Anche sul lato sentimentale Percy era un ribelle. Si sposò due volte, nonostante fosse contrario all’istituzione del matrimonio, e sempre contro il volere della famiglia della sposa. La prima, a 19 anni, con Harriet Westbrook, che ne aveva 16 e da cui ebbe due figli. Ma la relazione finì presto, perché nel frattempo Percy aveva cominciato a frequentare la casa del suo mentore William Godwin e aveva conosciuto Mary, di cinque anni più giovane di lui. Con Harriet le cose andavano già male e nell’estate del 1814 Percy e Mary fuggirono in Francia. Si sposarono alla fine del 1816 ed ebbero quattro figli: Clara, morta a pochi mesi di vita, William, Clara Everina e Percy Florence.
Per sfuggire all’atmosfera oppressiva che respiravano in Inghilterra, e alla ricerca di un clima più mite, Percy e Mary si trasferirono in Italia nella primavera del 1818, ed è qui che Shelley diventa uno dei personaggi del mio fumetto. Capire come disegnarlo non è stato semplice. Oltre ai ritratti che accompagnano questo post ce ne sono alcuni altri, completamente diversi. E anche quello più famoso, dipinto da Amelia Curran nel 1819, mi sembra parecchio idealizzato: Percy sembra più una presenza sovrannaturale che un essere umano.
Avevo già provato a disegnare Percy tempo fa, ma, riguardandoli, quei disegni non mi convincevano per niente. Così ho fatto come per Mary, ho cercato un volto - e soprattutto una figura che indossasse i vestiti dell’epoca - tra gli interpreti dei mille film e serie tv tratti dai libri di Jane Austen.
Nel caso di Percy la mia scelta è caduta su