Sogni
Tre tavole composte mescolando insieme i finestrini dei treni, i sedili di gomma/plastica nera, i giochini sul telefono, le parole di Charles Dickens e i consigli di Neil Gaiman
Mi capita raramente di addormentarmi in treno. L’eccitazione del viaggio, l’impazienza di arrivare, a volte anche l’ansia che qualcosa vada storto, non conciliano il sonno. Quando capita, è sempre un sonno disturbato, a scossoni, e interrotto bruscamente. Di conseguenza anche i sogni che ne seguono sono strani.
È qualcosa di simile a quello che descrive Charles Dickens in Impressioni italiane (1846), nel capitolo intitolato Un sogno italiano, mentre va in carrozza da Padova a Verona:
Ero in viaggio da alcuni giorni; riposavo molto poco di notte, e mai durante il giorno. La rapida e ininterrotta serie di novità che mi erano passate davanti ritornava sotto forma di sogni composti a metà; […] Ora ero di nuovo davanti alle vecchie chiese di Modena, marroni e arrugginite. Facevo appena in tempo a riconoscere le strane colonne con cupi mostri alle loro basi, e subito mi sembrava di vederle stare in piedi da sole nella tranquilla piazza di Padova, dove c’era la seria e vecchia università, e figure vestite di camici modesti, raggruppate qui e là nello spazio circostante. Poi camminavo nei sobborghi di quella bella città, ammirando l’insolita cura delle dimore, dei giardini e dei frutteti, come li avevo visti poche ore prima. E immediatamente al loro posto sorsero le due torri di Bologna; un minuto, e il mostruoso castello di Ferrara […] tornava di nuovo nell’alba rossa, incombendo sulla città appassita e riempitasi d’erbacce. In breve, c’era nel mio cervello quell’incoerente e piacevole disordine che i viaggiatori sono inclini ad avere e che incoraggiano con indolenza. Ogni scossa della carrozza in cui sedevo, mezzo appisolato al buio, sembrava far uscire qualche nuova memoria dal proprio posto, e poi sostituirla con un’altra nuova. E in questo stato mi addormentai.
Come le immagini che si susseguono freneticamente nella mente di Dickens, io ho vignette, tavole, intere sequenze nate nelle incarnazioni precedenti di questo lavoro. Alcune ci terrei a tenerle (come l’ultima tavola qui in fondo) e per farlo forse potrei usare i sogni. Ci ho pensato ascoltando un’intervista a Neil Gaiman (è il creatore di The Sandman1, indubbiamente di sogni se ne intende), che a un certo punto dice:
Di solito la logica delle storie e la logica dei sogni sono totalmente differenti. Mostrano una somiglianza apparente tra loro, ma quello che fa funzionare i sogni, quando sei tu il sognatore, non sono le immagini, è quello che senti. Non è il fatto che stai camminando per un particolare corridoio su un tappeto un po’ gommoso, è più il fatto che stai camminando su questo tappeto gommoso e sai che c’è qualcosa dietro di te ma non devi voltarti e se lo fai sarà davvero spiacevole.
Nelle tavole che seguono ho provato a cucire insieme varie parti di storia che avevo in mente. Non so ancora se mi convincono. Però, questo lavoro di taglia e cuci non è in fondo quello che facciamo quando sogniamo, mescolando insieme impressioni recenti e memorie passate?
The Sandman, cioè Morfeo, il signore dei sogni, il principe delle storie, è una serie a fumetti uscita per la DC/Vertigo dal 1989 al 1996, e poi raccolta in vari volumi (pubblicati in Italia da Panini). Tra il 2013 e il 2015 Neil Gaiman e il disegnatore J.H. Williams III hanno ripreso in mano il personaggio per una sorta di prequel intitolato Sandman: Overture. È uno dei miei fumetti preferiti di sempre, e tra l’altro la dimostrazione che si può fare un fumetto con tantissime didascalie e pochi baloon, come pare stia facendo anche io!