Una camera a Bologna
Spie, camerieri fanatici e cose "inespressibili" nei letti: è quello che viaggiatori come Melville, Byron e Dickens potevano trovare nelle locande di Strada de' Vetturini, oggi via Ugo Bassi
Prima di ogni presentazione di Viaggio in Italia ripasso sempre un po’: mi piace andare a riguardare quel che hanno detto i viaggiatori protagonisti del mio fumetto a proposito della città in cui passerò anche io. Per la prossima presentazione, in programma giovedì 19 giugno a Bologna (alle 19 all’Arena Orfeonica, in via Broccaindosso 50), avrei materiale in quantità: allora come oggi, Bologna era una tappa obbligata per chiunque si spostasse dal nord al sud dell’Italia (e viceversa), un crocevia da cui sono davvero passati tutti1.
Mentre ri-sfogliavo diari e lettere dei miei viaggiatori mi è tornato in mente un antico gioco dell’oca che capita di vedere ancora in qualche ristorante o trattoria bolognese. Si chiama Gioco nuovo di tutte l'osterie che sono in Bologna con le sue insegne e sue strade: 59 caselle, una per ogni locanda bolognese, raccolte in un’unica incisione realizzata nel 1712 da Giuseppe Maria Mitelli (potete vederla sul sito del British Museum). Di quelle osterie oggi ne rimane solo una (l’Osteria del Sole), ma alcune tra quelle disegnate da Mitelli sono proprio le stesse citate da scrittori come Shelley, Byron e Melville.
Un bel gruppo di queste locande si trovava in Strada de’ Vetturini (oggi via Ugo Bassi), chiamata così appunto perché vi fermavano le carrozze, i postali e le varie vetture su cui si viaggiava allora.

Nel suo passaggio a Bologna, nel marzo 1857, Herman Melville annotò di aver soggiornato ai Tre Mori, che si trovava proprio in Strada de’ Vetturini e compare anche nel giuoco di Mitelli. Ecco la casella corrispondente:
Melville evidentemente voleva risparmiare, perché non era certo la locanda più rinomata di Bologna. È la stessa citata da Percy Shelley quasi quarant’anni prima, nel 1818, in un suo viaggio dai Bagni di Lucca a Venezia. Scrivendo a Mary, Percy sconsigliava caldamente di fermarsi lì: “Evita la locanda dei Tre Mori a Bologna, perché vi sono cose inespressibili2 nei letti”. In effetti la locanda è citata tra quelle di second’ordine nella guida all’Italia del nord scritta da John Murray, che probabilmente Melville aveva con sé. È incredibile come questi viaggiatori si rincorressero l’un l’altro attraverso i decenni: Murray scrisse diverse guide di viaggio tascabili, molte di queste dedicate all’Italia, ma io lo conosco soprattutto come editore di Lord Byron e uno dei suoi principali corrispondenti.
Anche Byron passò per Bologna nell’estate del 1819, periodo in cui stava per decidere di lasciare Venezia e spostarsi a Ravenna per seguire la sua amante, la contessa Teresa Gamba Guiccioli. Molto più ricco rispetto agli altri letterati suoi contemporanei, Byron poteva permettersi di stare al più rinomato Hotel del Pellegrino, anche quello in via de’ Vetturini.
Per un po’ Byron fece base a Bologna nei suoi spostamenti tra Venezia e Ravenna - mentre lui, la contessa e il conte Guiccioli decidevano come gestire questo particolare ménage à trois. Ma anche se Byron aveva la testa altrove e non pensava molto alla politica, per la polizia dello Stato pontificio si trattava di un soggetto pericolosissimo, per via delle sue idee liberali. Peccato che fosse impossibile fermarlo o arrestarlo, in quanto membro della Camera dei Lord inglese. Meglio allora spiarlo.
Così scriveva il direttore della Polizia di Bologna al suo omologo veneziano:
Il nobiluomo inglese, Lord Byron, […] è un membro della Società Segreta detta Romantica. Non è ignoto come uomo di lettere, e nel suo paese ha reputazione di buon poeta. Le opinioni liberali governano totalmente la sua mente […] e il suo grande patrimonio gli dà opportunità eccezionali di seguire le sue inclinazioni. Tutte le circostanze suddette sono bastate a convincere questo Direttore di Polizia a tenere un occhio vigile su questo gentiluomo, che è particolarmente pericoloso perché le sue abilità e la sua grande ricchezza gli permettono di riunire a casa sua persone delle classi più colte.
Il sospetto, anzi la certezza, era che attorno al poeta inglese si stesse formando una società segreta. E in effetti sappiamo che a Ravenna Byron diede una mano ai Carbonari ospitando le loro armi in casa, un po’ per convinzione, un po’ perché il fratello di Teresa, Pietro Gamba, era un Carbonaro. Ma la polizia bolognese si era convinta che Byron fosse a capo di una nuova società segreta, anche se si confondeva un po’ sul nome, chiamandola prima Roma Antica e poi Romantica.
I rapporti che arrivavano dagli informatori hanno questo tono:
Conosco i Romantici. Costoro compongono una setta che ha per iscopo di rovinare la nostra letteratura, la nostra politica, la nostra Patria. Lord Byron ne è certamente un campione e t’inganni se credi ch’egli si occupi solamente a fare le corna a Guiccioli. Egli è libidinoso ed immorale all’eccesso, ma presto si scorda dell’oggetto idolatrato e lo sacrifica al disprezzo. Non è peraltro così incostante in politica, nella quale egli è inglese in tutta l’estensione del termine. Egli è energumeno per rovesciare tutto ciò che non gli appartiene, per paralizzare ogni tendenza che spiegassero le società nostre per la patria indipendenza, (sic!) per avvolgerci in ruine e sangue (sic! sic!), per distribuire infine dei Stati deserti ed ancor fumanti ai suoi avidi e demoralizzati cospiratori. (Oh che fandonie!)
Del soggiorno di Byron a Bologna, per quanto breve, si ritrova traccia trent’anni dopo, nelle parole di un altro scrittore inglese, Charles Dickens, che visitò Bologna alla fine del 1844. Il capo-cameriere dell’hotel in cui soggiornava (probabilmente sempre l’Hotel del Pellegrino) si rivelò un vero fanatico di Byron.
Dato che Bologna era strapiena di turisti, costretti lì da un’inondazione che rendeva impraticabile la strada per Firenze, fui alloggiato in cima a un hotel, in una camera fuori mano che non riuscivo mai a ritrovare: conteneva un letto, abbastanza grande per ospitare un collegio, in cui non riuscivo mai ad addormentarmi. Il capo tra i camerieri che visitavano questo rifugio solitario, dove non c’era altra compagnia a parte i passerotti sulle ampie grondaie sopra la finestra, era un uomo che aveva un’unica idea quando si trattava di inglesi; e il soggetto della sua innocua monomania era Lord Byron. Feci questa scoperta per caso, dicendogli, a colazione, che i tappeti di cui il pavimento era ricoperto erano molto comodi in quella stagione, e immediatamente rispose che Lord Byron era stato molto affezionato a quel tipo di tappeti. Nello stesso momento, notando che non bevevo latte, esclamò con entusiasmo che anche Lord Byron non lo prendeva mai. All’inizio, nella mia innocenza, diedi per scontato che fosse stato uno dei camerieri di Byron; ma no, disse, no, era sua abitudine parlare del Lord ai gentiluomini inglesi; tutto qui. Sapeva tutto di lui, disse. Per dimostrarlo, riuscì a collegarlo con qualsiasi argomento possibile, dal vino di Montepulciano a cena (coltivato in un terreno che era stato di proprietà del Lord) all’enorme letto, che era identico a quello in cui aveva dormito Byron. Quando lasciai la locanda, mi accompagnò con un ultimo inchino nel cortile, assicurandomi che la strada che avrei preso era stata la preferita di Lord Byron; e prima che gli zoccoli del cavallo cominciassero a sferragliare sull’acciottolato, corse svelto di nuovo su per le scale, immagino per dire a qualche altro inglese in qualche altra camera solitaria che l’ospite che era appena partito era la copia esatta di Lord Byron.

Strada de’ Vetturini cambiò nome l’8 agosto del 1869, quando venne intitolata a Ugo Bassi, predicatore e patriota giustiziato a Bologna nel 1849. Il luogo non fu scelto a caso, perché la sorella di Ugo Bassi, Carlotta, era proprietaria di una delle locande della strada, l’Albergo San Marco, anche detto Albergo Reale. Credo che sia proprio lo stesso in cui soggiornò Stendhal, nella sua visita a Bologna del 1811. Nel suo diario però non sembrava apprezzare molto la sistemazione:
Arrivo a Bologna alle sei e mezza. Imbarazzo per l’alloggio e per il bagno. Arrivo allo spettacolo alle otto e un quarto. Guardo Ser Marcantonio, opera di Pavesi che ha incantato tutta Milano un anno fa, credo.
Gli italiani sono dei barbari per quanto riguarda le comodità all’interno delle case, ma non per l’esterno. La mia porta all’Albergo Reale non ha lucchetto. Sto o chiuso a chiave o aperto.

Vedi uno dei primissimi post di questa newsletter, Bologna come crocevia.
Inespressibili scritto in italiano nel testo!