Un'estate italiana
Anche i nostri viaggiatori prima o poi dovevano affrontare l'afa: Goethe si chiudeva in casa a studiare, Stendhal provava a rinfrescarsi mangiando gelati, Shelley facendo il bagno in una fonte
Il gran caldo dell’estate italiana era qualcosa che prima o poi tutti i viaggiatori dovevano sperimentare. Chi veniva dal Nord Europa di certo non vi era abituato, perciò molto spesso l’afa estiva viene descritta nei diari e nelle lettere degli artisti che stiamo seguendo in questa newsletter. Goethe, per esempio, passò a Roma il mese di agosto del 1787, e così descriveva le sue giornate. Il 1 agosto:
Tutto il giorno è passato diligente e tranquillo a causa del caldo. […] Alla sera ho fatto il bagno nel Tevere, negli stabilimenti ben progettati che ci sono lì, poi ho passeggiato fino a Trinità dei Monti, e ho goduto dell’aria fresca al chiaro della luna.
E poi qualche giorno dopo, il 18 agosto:
Questa settimana ho dovuto rallentare un po’ la mia operosità nordica. I primi giorni erano troppo caldi. Quindi non ho fatto quanto avrei voluto.
Il giovane Stendhal, che alla fine di giugno del 1801 si trovava a Milano insieme alle truppe di Napoleone, provò a cercare un modo per combattere l’afa, come scriveva in questa lettera alla sorella Pauline:
Abbiamo qui dei calori straordinari che ci fiaccano orribilmente. All’inizio abbiamo creduto di poterli sfidare riempiendoci di gelati, ma abbiamo scoperto che ci riscaldano dopo averci rinfrescato per un istante.
Byron invece non si fermava nemmeno davanti allo scirocco che nel maggio del 1819 rendeva invivibile Venezia:
Ti scrivo in mezzo alle agonie di uno scirocco, che mi annienta; e sono stato abbastanza stupido da fare quattro cose dopo cena che sarebbe meglio evitare col tempo molto caldo: 1a ****; 2a, giocare a biliardo dalle dieci alle dodici, sotto l’effetto di lampade illuminate che raddoppiavano il calore; 3a, andare poi a una piccante Conversazione dalla Contessa Benzone; e, 4a, cominciare questa lettera alle tre del mattino: ma dato che è iniziata, deve essere finita.
Ma il posto d’onore in questa accaldata rassegna lo merita Percy Shelley: lui e la moglie Mary decisero di passare la loro prima estate in Italia, nel 1818, ai Bagni di Lucca. In questa tavola, che per adesso è ancora in fase di impostazione, si descrive una sua giornata tipo nel luglio di quell’anno.
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Disegnare Lord Byron - Il poeta inglese fu raffigurato in modi anche totalmente diversi tra loro. Partendo dai ritratti e dai busti realizzati durante il suo periodo in Italia, anche io sto provando a disegnarlo
Il Paradiso degli esuli - Così definì l'Italia Percy Shelley. Ma già per i Romani era una terra creata per aiutare gli uomini, soprattutto quelli persi nel Mediterraneo e in fuga da una guerra, come l'Enea di Virgilio
I vestiti di Goethe - Tra disperati tentativi di districarmi tra marsine, giustacuori e altri indumenti di fine '700, è nata l'idea per una tavola, la prima in cui incontriamo lo scrittore tedesco
Lode alla penna-pennello - È giunto il momento di parlare della "brush pen" - modificata da me - con cui sto disegnando tutto il fumetto sui viaggi in Italia. Con esempi illustrati.
Memorie e souvenir - Gli oggetti custodiscono ricordi, come sapevano bene due personaggi lontani nel tempo - l'imperatore Adriano e Goethe - ma simili nella loro veste di viaggiatori.
La forma dell’Italia - Fino a pochi secoli fa nemmeno i cartografi sapevano con precisione come fosse fatta la penisola. L'Italia che cambia forma nelle mappe di Greci, Romani e Arabi sarà forse l'incipit del mio libro.
Io, impressionista - Uno scorcio, o una certa luce, o a volte un suono. Sono le cose che mi rimangono quando da un viaggio è trascorso abbastanza tempo.
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