Aldous Huxley nell'Italia fascista
Un giorno di giugno del 1925 la polizia fascista si presentò a casa dello scrittore inglese a Firenze: cercavano lo storico Gaetano Salvemini, grande oppositore del regime
Un giorno di giugno del 1925 la polizia fascista si presentò a casa di Aldous Huxley. Lo scrittore inglese in quel periodo viveva a Firenze con la famiglia, e raccontò l’episodio in una lettera indirizzata al padre:
L’altro giorno abbiamo avuto un curioso assaggio dei metodi fascisti, quando la nostra casa è stata improvvisamente invasa da quattro pendagli da forca dall’aspetto più sinistro che tu abbia mai visto - si spacciavano per commissari di polizia, e in effetti sono certo che lo fossero veramente - esigevano di perquisire la casa per cercare una persona, o documenti che la riguardassero, un certo professor Salvemini dell’Università di Firenze, che era ricercato per aver scritto contro il governo. Sta di fatto che non avevamo mai nemmeno incontrato Salvemini; ma era amico di nostri amici, ed era questa la ragione, suppongo, per cui lo associavano a noi. Ho fatto una gran scena, chiedendo di vedere il loro mandato, che non avevano, giurando che mi sarei lamentato con il mio ambasciatore, eccetera. Ma è stato un affare spiacevole e fastidioso. Nel frattempo Salvemini - che è uno dei più distinti storici italiani - è in prigione. Curioso paese!
Gaetano Salvemini, grande oppositore del regime, aveva da poco dato alle stampe un periodico clandestino intitolato Non mollare, in cui tra le altre cose si chiamava in causa Mussolini per l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, avvenuto un anno prima. Lo storico fu effettivamente arrestato e processato, ma grazie a un’amnistia riuscì a rifugiarsi prima in Francia e poi negli Stati Uniti, dove cominciò a tenere una serie di conferenze per spiegare cosa fosse veramente l’Italia fascista1.
Aldous Huxley l’aveva capito subito, e non ci si potrebbe aspettare di meno dall’autore - allora ancora futuro autore - di una distopia come Il mondo nuovo (1932). Lo scrittore inglese si era trasferito in Italia nel 1921, insieme alla moglie Maria Nys e al figlio Matthew. Abbiamo già parlato dei loro viaggi in automobile, e della passione di Huxley per i motori, in uno scorso episodio di questa newsletter. Nel corso di tutti gli anni ‘20 gli Huxley si spostarono parecchio in tutta Europa (e non solo), ma passavano quasi ogni estate a Forte dei Marmi, oltre a vari soggiorni sparsi a Firenze e a Cortina.
Anche se Huxley tentava “di tenersi lontano dalla politica”, nelle sue lettere non mancano commenti sull’ascesa e l’instaurarsi del regime fascista. E in effetti lo scrittore inglese inquadrò subito alcune caratteristiche chiave del fascismo, ancora prima che Mussolini arrivasse al potere.
In un articolo scritto nel 1923 per Vanity Fair, intitolato Un appunto sui centenari2, Huxley raccontò le celebrazioni organizzate nel 1921 per i 600 anni dalla morte di Dante. L’articolo però si apriva con un’altra ricorrenza, quella del centenario dalla morte di Percy Shelley - uno dei principali protagonisti di questa newsletter e del fumetto a cui sto lavorando! - avvenuta nel 1822 proprio nelle zone dove adesso Huxley viveva. L’occasione era stata accompagna in Inghilterra da riti pieni di retorica e ipocrisia, secondo lo scrittore.
[…] una gioventù ribelle [quella di Shelley] lodata fino all’esagerazione, cento anni dopo la sua morte, da gente che lo avrebbe odiato e che lo avrebbe avuto in orrore, se fosse ora vivo, proprio come i recensori scozzesi3 odiavano e avevano in orrore Shelley. Queste persone, come tratterebbero un giovane contemporaneo che, non contento di essere un innovatore in letteratura, usasse il suo talento per attaccare la religione e l’ordine costituito, dicesse blasfemie contro la plutocrazia e il patriottismo, si proclamasse un Bolscevico, un internazionalista, un pacifista, un obiettore di coscienza? Direbbero di lui che si tratta di un giovane pericoloso da rimettere al suo posto; e lo screditerebbero e denigrerebbero il suo talento, o ancora - se fossero un po più sottili e rispettabili - non permetterebbero mai che la sua firma venisse stampata sui periodici che controllano.
Ma dato che Shelley è stato convenientemente bruciato sulla spiaggia di Viareggio cento anni da, dato che non è più un uomo vivo e pericoloso ma solo un classico morto, questi rispettabili sostenitori della buona letteratura e della buona società si uniscono in coro a lodarlo […] L’effetto di questi anniversari in Inghilterra non è quello di riaccendere la vita nell’illustre scomparso; un centenario è piuttosto un secondo funerale, una riaffermazione della morte. Uno spirito una volta vivo viene reso un fossile e, nel mezzo di solenni e funeree cerimonie, il classico pietrificato è doverosamente scolpito nel tempio della rispettabilità.
Dopo questo duro attacco l’articolo di Huxley cambia tono e con un ferocissimo sarcasmo lo scrittore si appresta a raccontare cosa fanno invece gli italiani in occasioni del genere, e in particolare durante le celebrazioni per i 600 anni dalla morte di Dante. Huxley deve aver assistito o almeno sentito parlare di quelle tenutesi a Firenze il 17 settembre 1921, alla presenza del re Vittorio Emanuele III4.
L’evento principale nella celebrazione di Dante è un’enorme parata militare. Centinaia di migliaia di atletici ometti marroni sfilano per le strade di Firenze. Giovani ufficiali di favolosa eleganza sferragliano in giro in pantaloncini attillati superbamente tagliati e in luccicanti stivali. L’intera popolazione femminile palpita. È un eccellente inizio. Poi si passa ai discorsi, fatti come solo in Italia si possono fare - discorsi rotondi, tonanti, sonori, tutti su Dante l’italianissimo poeta, Dante l’irredentista, Dante il profeta della Grande Italia, Dante il flagello degli Jugoslavi e dei Serbi. Entusiasmo immenso. Senza aver mai letto un verso delle sue opere, sentiamo che Dante è un nostro amico personale, un fratello fascista.
Dopodiché inizia il vero divertimento; ci sono le ‘manifestazioni sportive’ delle celebrazioni del centenario. Vengono organizzate innumerevoli corse di biciclette. Giovani e fieri fascisti con i volti di eroi romani rendono omaggio al Poeta percorrendo a centottanta chilometri all’ora il Circuito di Milano. Fiat, Ansaldo e Lancia si sfidano ad alta velocità attraverso gli Appennini e attorno ai bastioni delle Alpi. I piccioni vengono presi a pistolettate, i cavalli galoppano, si gioca a calcio sotto il sole cocente. Lunga vita a Dante!
A dire la verità non sono riuscito a verificare se effettivamente furono organizzate corse di biciclette per celebrare Dante, ma la parata militare sicuramente fu fatta, e in effetti il seicentenario fu all’insegna del nazionalismo, e i fascisti tentarono di “arruolare” Dante tra le loro fila5.
Le corse di biciclette possono non aver molto a che fare con Dante - anche se posso immaginarmelo, il suo volto aguzzo come metallo, sfrecciare giù per le spirali dell’inferno su un paio di ruote scintillanti o arrampicarsi con fatica sulle tre salite della Montagna del Purgatorio in sella alla sua fidata bici Sunbeam. No, queste corse possono non aver molto a che fare con Dante; ma i cortei nelle stette cattedrali anglicane, gli articoli noiosi scritti da uomini anziani che lo avrebbero odiato e temuto se fosse stato vivo, i discorsi di nobili lord su monumenti fatti da membri dell’Accademia reale - queste cose, di certo, hanno ancora meno a che fare con l’autore dell’Inferno.
Mi sembra chiaro che Huxley avesse inquadrato molto bene il lato farsesco del nascente fascismo, ma che tuttavia vedesse negli usi italiani (nell’articolo parla anche di feste religiose) una vitalità che trovava comunque preferibile alla compostezza ipocrita che attribuiva agli inglesi.
Se solo noi anglosassoni potessimo prendere a prestito dagli italiani un po’ del loro realismo, del loro amore per la vita per quello che è, per le cose palpabili, concrete, immediate.
Nel suo articolo Huxley ci offre anche uno sguardo nuovo sugli italiani, finalmente slegato dal passato.
Gli italiani sono Futuristi nati. Non c’era bisogno di Marinetti per convincerli a celebrare Dante con corse di biciclette; l’avrebbero fatto naturalmente, spontaneamente, se anche nessuna propaganda futurista fosse mai stata pubblicata. Marinetti è il prodotto dell’Italia moderna, non il contrario. Sono tutti Futuristi in quell’Italia viva e bruciante in cui noi del Nord cerchiamo solo una fuga nel passato. O meglio, non sono Futuristi: l’etichetta di Marinetti è stata scelta male. Sono Presentisti.
Di certo l’Italia del 1921, anno di elezioni politiche, presa negli scontri tra socialisti e fascisti, doveva apparire turbolenta ma interessante. Già nel giugno del 1921, in una sua lettera da Forte dei Marmi, Huxley denunciava la brutalità e la violenza delle milizia fasciste, l’impotenza delle autorità e la rassegnazione della gente comune.
Le attività dei Fascisti in questo paese sono piuttosto incredibili. Non si riesce a immaginare come la popolazione italiana possa sopportare che un’organizzazione privata del tutto irresponsabile agisca come agisce il Fascio - a volte usurpando poteri che dovrebbero appartenere allo Stato, a volte ricorrendo a incredibili atti di violenza e brutalità. La gente guarda a queste cose con una specie di rassegnazione. È lo stesso atteggiamento che si vede in tutto il mondo - una rassegnazione nera e fatalista nei confronti di governi stupidi e malvagi, a qualunque cosa e a qualunque persona abbia potere. La mentalità del dopoguerra è certamente una cosa straordinaria.
Man mano Mussolini consolidava il suo potere e nel 1925, con l’assassinio di Matteotti e l’emanazione delle “leggi fascistissime”, in Italia si era ormai instaurata la dittatura. Huxley annotava:
E quest’ultimo progetto, che è appena passato alla camera bassa, per “riformare” la burocrazia (che include la magistratura), cacciando tutti gli impiegati che non hanno simpatie fasciste - è davvero troppo fantastico, sarebbe comico se non fosse tragico.
A metà degli anni ‘20 la famiglia Huxley viaggiò molto - in Tunisia, in India, a Singapore, in Francia - ma al suo rientro in Italia lo scrittore continuò a prendere nota dei mutamenti politici e sociali in atto. Nel luglio del 1927 da Forte dei Marmi scrisse:
L’Italia sotto il nuovo regime sta diventando non solo molto cara ma anche molto irritante. Nel loro entusiasmo per la legge e l’ordine, le autorità fasciste stanno moltiplicando piccole regole meschine e stanno istituendo una specie di persecuzione poliziesca. Da queste parti, per esempio, è a stento possibile uscire in automobile senza prendere una multa, per quanto piano uno stia guidando.
Huxley come sappiamo era molto sensibile a tutto ciò che riguardava le auto. Ma nelle sue lettere parla anche della politica demografica di Mussolini, che lui chiama “Musso”. Settembre 1927:
Vedo che Musso vuole venti milioni di nuovi italiani nel giro di venticinque anni. Presumibilmente per farli combattere contro la Francia; non si può immaginare un’altra ragione per la loro esistenza. Nel frattempo ha reso illegale la vendita di tutti i sistemi contraccettivi.
Gli Huxley lasciarono l’Italia per la Francia alla fine degli anni ‘20 - come del resto fecero D.H. Lawrence (amico di Huxley) e M.C. Escher. Nel settembre del 1932 però lo scrittore tornò con la famiglia per una breve visita in Italia. A Sanremo dei ladri irruppero nel garage dell’hotel in cui alloggiavano e praticarono degli enormi buchi al tettuccio in tessuto dell’auto degli Huxley. Lo scrittore pensò a un dispetto (in italiano nel testo): “per via della miseria generale c’è molto odio per i motori e i motoristi”.
Credo che la gente si stia stancando del nonsense in Italia. Di certo ci sono più critiche al governo espresse apertamente, e più scetticismo ironico mostrato dal pubblico alle manifestazioni e ai discorsi del fascismo. Ma forse il fatto che il governo permetta che questi commenti vengano fatti è solo un segno che si sente inamovibile e sicuro.
L’inizio degli anni ‘30 fu in realtà il periodo in cui il fascismo godette di maggior consenso tra la popolazione. Fu anche il momento in cui il regime tentò di assumere una veste sempre più “imperiale”, ad esempio modificando drasticamente l’urbanistica di Roma nella zona del Foro, con la demolizione dell’intero quartiere Alessandrino per far spazio a via dei Fori imperiali (allora via dell’Impero). Come si vede in questo cinegiornale Luce del 1933:
Nel 1934 Huxley progettava appunto una gita a Roma per Pasqua, per mostrare la città al figlio Matthew.
Bisogna dare un’occhiata alla città prima che Musso la distrugga del tutto. Finora ne ha distrutto circa due terzi. Temo lo spettacolo di così tanta nuova devastazione. Andava già abbastanza male quando ci siamo stati l’ultima volta nel ‘29 o ‘30: ma ha abbattuto interi quartieri della città da allora - e quel che è peggio li ha ricostruiti nella forma di edifici fascio-barocchi di ferro e cemento ammassati attorno ai buchi nel terreno dove si trovano i nuovi scavi. È tutto frutto di megalomania politica: per recitare la parte del Romano Più Nobile Di Tutti, deve distruggere tutto ciò che non è imperiale e genuinamente antico. L’intero medioevo e il barocco sono condannati, perché non si prestano alle chiacchiere sull’incrollabile volontà e sui destini imperiali della razza. Che estenuante imbecillità è tutto questo!
In quest’ultima visita nell’Italia fascista Huxley trovò tutto sconfortante:
Ha piovuto senza sosta per tutto il tempo che siamo stati in Italia; e il marciare dei fascisti, l’accettazione servile e ipocrita del fascismo da parte della masse erano molto deprimenti.
In una lettera dello stesso anno a Klaus Mann, figlio di Thomas Mann, Huxley si lamentò perché sperava di avere lo scrittore tedesco ospite a Sanary (cittadina francese sulla Costa Azzurra) quell’estate. Invece Mann preferì andare in Italia. Sbagliando, secondo Huxley, perché…
L’Italia al momento è uno dei paesi più tristi del mondo.
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Per saperne di più sulla figura di Gaetano Salvemini rimando alla lezione di Alessandro Barbero al Festival della Mente di Sarzana nel 2015.
Qui l’articolo completo in inglese.
È un riferimento a una satira di Lord Byron, English Bards and Scotch Reviewers (1809), in cui il poeta inglese prendeva di mira in particolare il critico letterario scozzese Francis Jeffrey, che nelle sue recensioni stroncò sia Percy Shelley che John Keats. Qui c’è il testo in inglese.
Il numero di quella settimana de L’illustrazione italiana riporta un po’ di foto della giornata, si può sfogliare qui in versione digitalizzata.
Per saperne di più sui vari tentativi di strumentalizzare la figura di Dante, durante il fascismo e non solo, rimando all’articolo di Fulvio Conti Il poeta della patria. Le celebrazioni del 1921 per il seicentenario della morte di Dante.