Si diceva così, nell'Italia tra '700 e '800, quando si portava il lume in camera prima di andare a dormire. Un'espressione scomparsa che mi ha fatto pensare a che tipo di italiano si parlava allora
immediatamente mi è tornato in mente Mario Merola che interpreta un classico della canzone napoletana (autore Libero Bovio, 1928) ovvero 'zappatore' e dalla canzone è stato poi tratto un film, piuttosto recente: inizia proprio con 'felicissima sera' :-D
Manca il reverendo Craufurd Tait Ramage (n. 1803 - † 1878), noto in Italia soprattutto per il suo "Viaggio nel Regno delle Due Sicilie", diario del suo soggiorno del 1828 (pubblicato dapprima come "The nooks and by-ways of Italy: wanderings in search of its ancient remains and modern superstitions", Liverpool 1868). Scrive: "È curioso osservare le peculiarità delle diverse nazioni nei dettagli della vita giornaliera. Noi diciamo «buona notte», quando ci accomiatiamo gli uni dagli altri, a qualunque ora dopo il sopraggiungere dell’oscurità; gli italiani invece dicono «felicissima notte» una volta sola, e precisamente quando vengono portate nella stanza le candele o le lampade tremolanti. Andando a letto spesso esclameranno: «Sogni felici!» oppure «dormite bene!»". Il fatto specifico - piccola nota personale - accadeva in casa di alcuni miei antenati materni.
Suggerirei in questi casi, in via preliminare, una lettura quanto più vasta possibile dell'immensa letteratura odeporica che interessa la Penisola e, soprattutto, per motivi più che ragionevoli, il gettonatissimo Mezzogiorno. Impresa faticosa, ma indispensabile. Oppure, assai più contenuta e un po' meno interessante, la meno scandagliata letteratura di viaggio realizzata nell'Ottocento dagli italiani all'estero. A parte ciò, credo che la formula fosse ancora usata nella Napoli della prima metà del Novecento. Su due piedi, mi pare di ricordare che Eduardo De Filippo la faccia pronunciare a qualche suo personaggio, ma non mi sovviene l'esatta cornice. C'è anche da dire che Eduardo faceva un lavoro di recupero lessicale molto ragionato, che non necessariamente rispecchiava il linguaggio corrente.
Felice mi trasmette l’idea di un’esperienza attiva, ma se si va a dormire l’obiettivo è riposare, forse ha più senso dire buona... Percy non è d’accordo… però dire buona significa riposare bene, senza incubi… E poi che sbalorditivo che scrivessero libri interi in italiano quando noi al massimo riusciremmo a comporre qualche frase in esclusiva verbale, ma a ripensarci non doveva essere del tutto impossibile neanche questo. E’ l’esperienza a suggerirmelo 🤔
Più leggo e scrivo ogni giorno, più divento capace di scrivere con fantasia e scioltezza. E questi avevano tutto il tempo per leggere tonnellate di libri… leggendo Dante ci si accorge di sfumature di espressione di qualità alta, e dunque non è vero che una lingua s’impara solo coi manuali…
Concordo sulla scrittura: più si pratica più si impara, come tutto in fondo. Bisogna dire però che questi artisti avevamo molte meno cose da studiare! A parte tutti i libri che non erano stati scritti, direi che le materie scientifiche non erano proprio nella loro formazione (eccetto che per Goethe!)
Felicissima sera a tutti 'sti signùr' 'ncruattàt', e a chésta cummitiva accussì alléra d'uómmene scìcche e fémmene pittate… (la so tutta, eh, altro che Geolier e “I' p' me, tu p' te”! 🤣)
immediatamente mi è tornato in mente Mario Merola che interpreta un classico della canzone napoletana (autore Libero Bovio, 1928) ovvero 'zappatore' e dalla canzone è stato poi tratto un film, piuttosto recente: inizia proprio con 'felicissima sera' :-D
https://www.youtube.com/watch?v=KiO-LnyZz5Y
Un riferimento che mi mancava totalmente! Magari nel 1928 ancora si conservava questo modo di dire
Non ho mai sentito l’espressione “Felicissima notte,” però penso di cominciare ad usarla! Che bel sentimento!
Magari riusciamo a farla tornare in uso!
Proviamo!
Manca il reverendo Craufurd Tait Ramage (n. 1803 - † 1878), noto in Italia soprattutto per il suo "Viaggio nel Regno delle Due Sicilie", diario del suo soggiorno del 1828 (pubblicato dapprima come "The nooks and by-ways of Italy: wanderings in search of its ancient remains and modern superstitions", Liverpool 1868). Scrive: "È curioso osservare le peculiarità delle diverse nazioni nei dettagli della vita giornaliera. Noi diciamo «buona notte», quando ci accomiatiamo gli uni dagli altri, a qualunque ora dopo il sopraggiungere dell’oscurità; gli italiani invece dicono «felicissima notte» una volta sola, e precisamente quando vengono portate nella stanza le candele o le lampade tremolanti. Andando a letto spesso esclameranno: «Sogni felici!» oppure «dormite bene!»". Il fatto specifico - piccola nota personale - accadeva in casa di alcuni miei antenati materni.
Non lo conoscevo, grazie!
Suggerirei in questi casi, in via preliminare, una lettura quanto più vasta possibile dell'immensa letteratura odeporica che interessa la Penisola e, soprattutto, per motivi più che ragionevoli, il gettonatissimo Mezzogiorno. Impresa faticosa, ma indispensabile. Oppure, assai più contenuta e un po' meno interessante, la meno scandagliata letteratura di viaggio realizzata nell'Ottocento dagli italiani all'estero. A parte ciò, credo che la formula fosse ancora usata nella Napoli della prima metà del Novecento. Su due piedi, mi pare di ricordare che Eduardo De Filippo la faccia pronunciare a qualche suo personaggio, ma non mi sovviene l'esatta cornice. C'è anche da dire che Eduardo faceva un lavoro di recupero lessicale molto ragionato, che non necessariamente rispecchiava il linguaggio corrente.
Felice mi trasmette l’idea di un’esperienza attiva, ma se si va a dormire l’obiettivo è riposare, forse ha più senso dire buona... Percy non è d’accordo… però dire buona significa riposare bene, senza incubi… E poi che sbalorditivo che scrivessero libri interi in italiano quando noi al massimo riusciremmo a comporre qualche frase in esclusiva verbale, ma a ripensarci non doveva essere del tutto impossibile neanche questo. E’ l’esperienza a suggerirmelo 🤔
Più leggo e scrivo ogni giorno, più divento capace di scrivere con fantasia e scioltezza. E questi avevano tutto il tempo per leggere tonnellate di libri… leggendo Dante ci si accorge di sfumature di espressione di qualità alta, e dunque non è vero che una lingua s’impara solo coi manuali…
Concordo sulla scrittura: più si pratica più si impara, come tutto in fondo. Bisogna dire però che questi artisti avevamo molte meno cose da studiare! A parte tutti i libri che non erano stati scritti, direi che le materie scientifiche non erano proprio nella loro formazione (eccetto che per Goethe!)
🤔
Felicissima sera a tutti 'sti signùr' 'ncruattàt', e a chésta cummitiva accussì alléra d'uómmene scìcche e fémmene pittate… (la so tutta, eh, altro che Geolier e “I' p' me, tu p' te”! 🤣)
Io non ne sapevo nulla fino a ieri!
...'o zappatore nun s'a scorda 'a mamma! (ZAN ZAN ZAN!) 🤣🤣🤣