Kafka sul lago
Lo scrittore soggiornò a Riva del Garda nel 1909 e nel 1913. Benché suddito austro-ungarico, non combattè nella Grande guerra, ma sognò di assistere alla battaglia del Tagliamento
Sulla copertina di Questo è Kafka?, volume firmato da Reiner Stach e edito qualche anno fa da Adelphi, c’è una foto scattata a Montichiari (Brescia) l’11 settembre del 1909, nel corso di una delle prime manifestazioni di volo con aeroplani della storia. Kafka era tra il pubblico, insieme ai fratelli Max e Otto Brod, e chissà, forse è una delle persone qui ritratte di spalle.
I tre amici si spinsero a Brescia attraversando il lago di Garda: erano infatti in vacanza a Riva del Garda quando lessero della manifestazione sulla Sentinella di Brescia. Kafka raccontò poi quella gita nell’articolo Gli aeroplani a Brescia. Oltre a una disavventura con un vetturino italiano per questioni di tariffe (un grande classico per tutti i viaggiatori in Italia), l’attenzione dello scrittore si concentrò sul pubblico presente all’aerodromo più che sui voli. Tra i presenti c’erano altri personaggi famosi, a partire da Gabriele D’Annunzio, che a Montichiari volò (e infatti oggi l’aeroporto ha il suo nome).
Negli intervalli la crema della buona società italiana vaga fra le tribune. Si salutano a vicenda, si inchinano a vicenda, si riconoscono a vicenda. Ci sono abbracci, salgono le gradinate fino ai posti più in alto e scendono giù di nuovo. Si indicano l’uno con l’altro la principessa Letizia Savoia Bonaparte, la principessa Borghese, una signora attempata la cui faccia ha il colore giallo scuro dell’uva, la contessa Morosini. Marcello Borghese sta con tutte le signore e con nessuna. Sembra avere un volto intelligente da lontano, ma da vicino le sue guance cadono in modo strano agli angoli della bocca. Gabriele D’Annunzio, piccolo e debole, è come se danzasse timidamente davanti al conte Oldofredi, uno dei più importanti gentiluomini del comitato. Dall’alto della tribuna il faccione di Puccini guarda giù con un naso che si potrebbe definire il naso di un bevitore.
Kafka tornò una seconda volta a Riva del Garda, nell’estate del 1913, da solo, per riprendersi da un periodo di crisi. “Il desiderio di una solitudine senza pensieri, incosciente. Essere faccia a faccia solo con me stesso. Forse dovrei farlo a Riva”, scrisse nel suo diario qualche tempo prima di partire. A quanto pare funzionò, anche se di questo soggiorno abbiamo solo una breve nota: “Il soggiorno a Riva è stato molto importante per me”.
Sarebbe finita qui se non ci fosse, a darci qualche dettaglio in più, Max Brod: amico fraterno dello scrittore, fu lui a decidere di non bruciarne i manoscritti (come Kafka avrebbe voluto) e anzi di rimetterli in ordine e cominciare a pubblicarli. Max scattò (credo) anche l’unica foto che abbiamo di Kafka a Riva del Garda.
Nella sua biografia di Kafka, anche Max ricorda la gita fatta insieme a Brescia, ma aggiunge un particolare a cui non avevo pensato: “Riva era austriaca, Brescia italiana”. È vero! Prima della Grande guerra l’Impero austro-ungarico aveva ancora Trento, e anche Riva del Garda! E anche Praga, la città natale di Kafka, era parte dell’Impero. Mi sono chiesto quindi che ruolo abbia avuto lo scrittore durante la Prima guerra mondiale, col timore di trovarlo al fronte, intento a combattere gli italiani.
L’atteggiamento di Kafka nei confronti della Grande guerra era come minimo ambiguo, come spiegato benissimo in questo bell’articolo di Raoul Precht. Nei diari di Kafka si trovano pochi accenni al conflitto, il più famoso è senza dubbio quello annotato il 2 agosto 1914:
La Germania ha dichiarato guerra alla Russia - nel pomeriggio corso di nuoto.
Tuttavia sembra che Kafka non fosse né un guerrafondaio né un pacifista1. Avrebbe voluto partecipare al conflitto, ma più che altro per fuggire dai suoi guai. Tentò più volte di arruolarsi ma venne scartato, finché non fu esonerato perché il suo impiego era ritenuto indispensabile nella ditta d’assicurazioni in cui lavorava. Uno di questi tentativi è raccontato nel diario dell’11 maggio 1916:
E così ho consegnato la lettera al Direttore. Ieri l’altro. Ho chiesto o un permesso lungo, senza paga ovviamente, nel caso in cui la guerra sia finita per l’autunno; o, se la guerra va avanti, per la cancellazione della mia esenzione […].
Il Direttore ha pensato che volessi estorcergli le solite tre settimane di vacanza […]. Non ha detto nulla dell’esercito, come se nella mia lettera non se ne parlasse affatto. Quando ne ho parlato non mi ha ascoltato. Mi è sembrato che trovasse divertente l’idea di un lungo permesso senza paga […]. Mi ha invitato a prendere subito le tre settimane di vacanza. Ha fatto accenni casuali all’aiuto di uno psichiatra, come fanno tutti […]. Ho insistito a dire che volevo unirmi all’esercito e che tre settimane non erano abbastanza. Al che ha messo fine alla discussione. Se solo non fosse stato così amichevole e preoccupato!
Impossibilitato a combattere nella realtà, Kafka partecipò al conflitto a modo suo, sognando di assistere alla battaglia del Tagliamento (parte della dodicesima battaglia dell’Isonzo, nell’ottobre-novembre del 1917, dopo Caporetto). Dal diario del 10 novembre del 1917:
Ho sognato la battaglia del Tagliamento. Una pianura, non c’era davvero il fiume, una folla di osservatori eccitati, pronti a correre avanti e indietro a seconda di come cambiava la situazione. Di fronte a noi un’altura i cui limiti visibili erano di volta in volta spogli o pieni di alti cespugli. Sopra l’altura e oltre gli austriaci combattevano. Tutti erano tesi; quale sarebbe stato l’esito? Come diversivo si potevano osservare di tanto in tanto dei cespugli isolati sulla pendenza scura, da dietro i quali uno o due italiani sparavano. Ma questo non aveva importanza, anche se in effetti arretrammo di qualche passo. Di nuovo l’altura: gli austriaci correvano lungo il limite scoperto, si fermavano bruscamente dietro i cespugli, poi correvano di nuovo. Le cose sembravano andare male; e soprattutto era impossibile immaginare come sarebbero mai potute andare bene. Come può un semplice essere umano conquistarne altri intrisi dalla volontà di difendersi? Grande disperazione, dovrà esserci una ritirata generale. Apparve un maggiore prussiano che per tutto il tempo aveva assistito alla battaglia insieme a noi; ma quando con calma mise piede sul terreno improvvisamente deserto sembrò una nuova apparizione. Mise due dita per ogni mano in bocca e fischiò nel modo in cui si fischia ai cani, però affettuosamente. Era un segnale per il suo distaccamento, che era rimasto in attesa lì vicino e che ora avanzava. Erano Guardie prussiane, giovani uomini silenziosi, non molti, forse solo una compagnia, sembravano essere tutti ufficiali, o almeno portavano lunghe sciabole e le loro uniformi erano scure. Quando marciarono vicino a noi, con passi brevi, lentamente, a ranghi serrati, dandoci un’occhiata di quando in quando, il dato di fatto della loro marcia mortale era insieme commovente, solenne e una promessa di vittoria. Con un senso di sollievo per l’intervento di questi uomini, mi svegliai.
Infine, una piccola chicca. Pare che Kafka coltivasse una passione segreta per il disegno. Nel suo libro Conversazioni con Kafka2, Gustav Janouch racconta di aver sorpreso un paio di volte lo scrittore intento a disegnare: scoperto, faceva a pezzetti il foglio. Alla seconda occasione Gustav ottenne di vedere i disegni, si trattava di “schizzi del tutto innocenti”. Al che Kafka rispose: “Oh no! Non sono innocenti come sembrano! Questi disegni sono quel che rimane di una vecchia, profonda passione. È per questo che ho cercato di nasconderteli… non è sulla carta, la passione è dentro di me. Ho sempre voluto essere capace di disegnare. Volevo osservare, e fermare rapidamente quello che osservavo. Questa era la mia passione”. La Biblioteca nazionale di Israele ha messo on line manoscritti e disegni di Kafka che Max Brod aveva portato con sé fuggendo dalla Praga occupata dai nazisti e che erano rimasti inediti. Tra questi ci sono circa 120 tra disegnini, ritratti e scarabocchi, e questo autoritratto del 1911.
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Dell’atteggiamento degli scrittori - soprattutto inglesi - nei confronti della Prima guerra mondiale avevamo già parlato in questo post, H. G. Wells tra pace e guerra.
Edito da Guanda nel 1998, temo sia fuori catalogo.
che bella scoperta Kafka disegnatore 🙏🏻