Le fontane di Roma
Alla ricerca di un'onomatopea per il mormorio della fontana di Villa Medici al tramonto
Era sera; e la popolazione di animali che ancora esisteva in questa mitica città [Roma], era andata a riposare. Non c’era nessun suono, a parte il mormorio delle sue numerose fontane; la loro dolce monotonia era un’armonia per la mia anima.
Queste righe si trovano nelle ultime pagine de L’ultimo uomo di Mary Shelley e volevo disegnarle da quando le ho lette per la prima volta. Come abbiamo visto a più riprese in questa newsletter (vedi Mary, da sola e Mary/Verney e il viaggio dell’ultimo uomo) ne L’ultimo uomo la scrittrice immagina che nell’anno 2100 un’epidemia abbia sterminato l’umanità, tranne un ultimo sopravvissuto, il protagonista Lionel Verney: la solitudine di Verney è la stessa solitudine in cui visse Mary Shelley dopo la morte del suo compagno Percy Bysshe Shelley. Ma questa idea degli animali che riprendono possesso delle città e delle fontane che continuano a scorrere in una Roma deserta… è qualcosa di molto simile a quello che abbiamo visto accadere durante l’epidemia di Covid.
Questa sequenza ispirata a L’ultimo uomo, nel mio fumetto, si chiude con una tavola in cui Mary/Verney guarda il panorama di Roma dalla fontana di Villa Medici. Uno scorcio che è diventato un simbolo del viaggio in Italia, da quando Jean-Baptiste Camille Corot lo dipinse tra il 1825 e il 1828 (proprio mentre Mary scriveva il romanzo).
In tanti hanno dipinto o fotografato lo stesso scorcio dopo Corot - citiamo almeno Maurice Denis, esponente del gruppo Nabis, che dipinse la fontana di Villa Medici varie volte tra il 1904 e il 1928. Oggi quel panorama è sparito, coperto da nuovi palazzi e dagli ulivi cresciuti lungo la sottostante via San Sebastiano.
Ma come rendere in un fumetto il mormorio di una fontana? Si dovrebbe far ricorso a un’onomatopea e per quanto riguarda le fontane ci sarebbe un precedente illustre: La fontana malata, poesia del 1909 di Aldo Palazzeschi:
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchete,
chchch...
È giù,
nel cortile,
la povera
fontana
malata;
che spasimo!
Sentirla
tossire.
Ma “clof, clop, cloch” non mi convinceva. Proprio non assomiglia a un mormorio, con tutta la stima dovuta a Palazzeschi. E poi la sua fontana è malata, appunto. Dopo un po’ di tentativi e ricerche, ho trovato un’alternativa secondo me perfetta.