Le mappe di Stendhal
I diari dello scrittore sono pieni di piantine e schemini: dalla basilica di Santa Croce a Firenze - scenario della famosa Sindrome di Stendhal! - a un giardinetto nei pressi di Castel Gandolfo
Il 28 germinale dell’anno IX della Rivoluzione francese (cioè il 18 aprile 1801), a Milano, Henry Beyle/Stendhal inizia così il suo diario: “Mi accingo a scrivere la storia della mia vita giorno per giorno”. Negli anni successivi lo scrittore riempirà quaderni su quaderni di pensieri, annotazioni, resoconti, abbozzi di progetti… e anche di disegni. Non si tratta però di disegni figurativi (tranne in rari casi) ma di mappe. Prendiamo ad esempio la sezione dei diari del 1811 che Stendhal intitola Viaggio in Italia - una prima versione di quello che nel 1817 diventerà Roma, Napoli e Firenze, praticamente il suo esordio. Non ho trovato scansioni abbastanza definite, così ho ridisegnato io i disegni di Stendhal, a partire da questo minuscolo schizzo delle due torri di Bologna.
A Firenze, invece, Stendhal disegna la pianta e la facciata della basilica di Santa Croce.
La F nell’angolo a sinistra della piantina indica il luogo dove si verificò la celebre Sindrome di Stendhal. L’espressione fu coniata in realtà nel 1989 dalla psichiatra Graziella Magherini, che nel suo studio La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell’arte1 riportava i casi di vari sconvolgimenti emotivi che possono cogliere i viaggiatori stranieri a Firenze. Nel caso di Stendhal tutto avvenne nella Cappella Niccolini (quella indicata dalla F, appunto): dopo aver visitato le tombe dei grandi del passato sepolti a Santa Croce - Alfieri, Machiavelli, Michelangelo, Galileo - lo scrittore fu sopraffatto dalla visione delle quattro sibille affrescate da Volterrano negli angoli della cappella. Ma questa è una scena che voglio inserire nel fumetto, quindi per adesso mi fermo qui, aggiungo solo che in questo punto del diario stendhaliano ricorre più volte la frase “Mon Dieu, que c’est beau!”.
Il diario di Stendhal arriva all’incirca fino al 1818, più qualche altro brano che si spinge fino al 1823. In seguito l’autore di Grenoble comporrà altri scritti autobiografici, sotto altre forme: in particolare Vita di Henry Brulard, scritta nel 1835-36 e rimasta incompiuta, in cui racconta della sua infanzia a Grenoble. Quanto sia realmente autobiografica quest’opera non lo so, visto che anche in questo caso il cognome vero (Beyle) viene sostituito da uno inventato (Brulard). Comunque Stendhal iniziò a scriverla mentre, per conto del nuovo re dei francesi Luigi Filippo, era console per gli stati pontifici a Civitavecchia, una città che trovava piuttosto noiosa, per cui si spingeva spesso fino a Roma. Il libro è stracolmo di mappe e schemini. Nelle prime pagine, da qualche parte sulla strada che costeggia il lago Albano, troviamo Stendhal in una sorta di crisi di mezza età, mentre con un bastone traccia per terra le iniziali delle donne che ha amato nella sua vita. Una mappa indica il luogo in cui si trovava esattamente.
Quella piccola costruzione sulla destra, dopo l’albero, a picco sulla scogliera, è una stazione della via crucis. Ci tenevo tantissimo a disegnare questa scena, così ho avviato le mie personali indagini su Google Maps, e presto mi sono imbattuto nel luogo giusto: è un giardinetto davanti al Collegio Mater Ecclesiae, sulla strada per Castel Gandolfo.
Ed ecco il nostro Henry Beyle/Brulard disegnato da me, mentre pensa che in fondo la sua vita può essere riassunta nelle iniziali delle donne amate.
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Temo che l’edizione del 2003 di Ponte alle Grazie sia fuori catalogo, ma qui c’è un’intervista alla psichiatra.
“Mon Dieu, que c’est beau!”