L'ultimo viaggio di Jules Verne
Nel 1884 lo scrittore salpò a bordo del suo yacht a vapore verso l'Adriatico, dove voleva ambientare un nuovo romanzo. Una tempesta lo costrinse invece a visitare l'Italia, da Roma a Venezia
Il celebre romanziere francese sig. Giulio Verne è arrivato colla famiglia, ed alloggia all’Hotel d’Angleterre. […] Egli prepara un nuovo romanzo scientifico, che ha per teatro il Mediterraneo. Perciò fa una lunga peregrinazione nel suo yacht a piccolo cabotaggio sulle coste della Sicilia e dell’Italia meridionale.
Così scriveva la Gazzetta di Venezia del 12 luglio 1884. La città lagunare era l’ultima tappa di un lungo viaggio nel Mediterraneo che Jules Verne aveva intrapreso qualche mese prima. A differenza dei viaggiatori che incontriamo di solito in questa newsletter, che arrivavano in Italia giovanissimi e ancora pressoché sconosciuti, nel 1884 Verne aveva 56 anni ed era uno scrittore famosissimo.
Il successo era arrivato già negli anni ‘60 dell’800, con la pubblicazione dei primi romanzi di quello che poi diventò il ciclo dei “viaggi straordinari”. Tra questi Viaggio al centro della Terra (1867) ha un particolare legame con l’Italia: i protagonisti fuoriescono infatti dalle viscere della terra attraverso un’eruzione del vulcano Stromboli. Nel romanzo, però, il narratore Axel, suo zio Otto, professore di mineralogia, e la loro guida Hans, non riescono subito a capire dove si trovano. Finché non acchiappano un ragazzino, un pastore del luogo, e cominciano a interrogarlo in varie lingue.
«Allora proviamo con l’italiano», riprese mio zio, e gli disse in quella lingua:
«Dove noi siamo?
— Sì! dove siamo?» ripetei io con impazienza.
Il ragazzino non rispondeva.
«Ah insomma! vuoi parlare? si lamentò mio zio, che cominciava a essere preso dalla collera e che scuoteva il ragazzino per le orecchie. Come si noma questa isola?
— Stromboli», rispose il piccolo pastore, che si liberò dalla stretta di Hans e guadagnò la pianura attraverso gli ulivi.
Non gli abbiamo quasi fatto caso! Stromboli! Che effetto produsse sulla mia immaginazione quel nome inatteso! Eravamo in pieno Mediterraneo, in mezzo all’arcipelago delle Eolie di mitologica memoria, nell’antica Strongyle, dove Eolo teneva in catene i venti e le tempeste. E quelle montagne blu che ci circondavano a levante, erano le montagne della Calabria! E quel vulcano che spuntava all’orizzonte a sud, l’Etna, il feroce Etna in persona.
Riporto queste righe perché nella sua crociera del 1884 Verne passò proprio sotto Stromboli. Non solo. Il “romanzo scientifico”, come lo chiama la Gazzetta di Venezia, a cui stava lavorando era intitolato provvisoriamente Monte-Cristo, un esplicito omaggio ad Alexandre Dumas, che proprio qualche puntata fa abbiamo visto visitare le Eolie.
“Viaggerò e nel frattempo mi metterò a caccia di idee”, aveva scritto Verne al suo editore Pierre-Jules Hetzel qualche mese prima di imbarcarsi. E in effetti alcune delle disavventure vissute durante la crociera nel Mediterraneo finirono poi nel romanzo Mathias Sandorf (1885). Verne dedicò l’opera ad Alexandre Dumas (figlio e padre contemporaneamente).
Vi dedico questo libro e lo dedico anche a quel narratore geniale che fu Alexandre Dumas, vostro padre. In quest’opera ho cercato di fare di Mathias Sandorf il Monte-Cristo dei Viaggi straordinari.
Verne era salpato il 13 maggio 1884 da Nantes sulla Saint Michel III, il suo yacht a vapore da 31 metri: a bordo con lui c’erano il fratello Paul, il nipote Maurice e altri. Ogni tappa del viaggio - Lisbona, Gibilterra, Orano - fu accompagnata da grandi feste e ricevimenti dati in onore dello scrittore. A Orano, in Tunisia, salirono a bordo anche il figlio Michel e la moglie di Verne, Honorine du Fraysne de Viane, che però non amava il mare quanto il marito.
Nelle acque di Malta il Saint Michel III rischiò il naufragio. Lo yacht fu sorpreso da una tempesta e rischiò di finire contro gli scogli. Secondo Robert Godefroy, che era a bordo1, Verne arrivò a invocare San Michele del pericolo in mare2. Anche i protagonisti del romanzo Mathias Sandorf vivono un episodio simile.
A questo punto Honorine ne aveva abbastanza del mare. Il viaggio di Verne aveva come meta l’Adriatico, che doveva essere (e in effetti fu) l’ambientazione di Mathias Sandorf, ma evidentemente si raggiunse un compromesso. Da Malta lo yacht proseguì verso la Sicilia, dove Verne scalò l’Etna, attraversò le Eolie, fece tappa a Napoli, ma a Civitavecchia l’equipaggio si divise: alcuni riportarono a Nantes il Saint Michel III, mentre Verne e famiglia proseguirono in treno verso Roma.
Qui Jules e Honorine vennero ricevuti da Papa Leone XIII (“un grande vecchio bianco dagli occhi a fessura”), un incontro da cui - a quanto pare - tutti e tre uscirono molto commossi. Verne andò invece da solo in visita “ai fratelli, a Palazzo Poli”: molto probabilmente si riferisce alla massoneria, visto che il palazzo, vicino alla Fontana di Trevi, pochi anni dopo divenne la sede del Grande Oriente d’Italia.
Nel suo viaggio in Itala Verne tentò per quanto possibile di mantenere l’incognito, adottando il nome di Prudent Allotte3. Ci riuscì a Firenze, ma a Venezia fu subito riconosciuto: secondo Marguerite Allotte de la Fuÿe4 a tradirlo fu Honorine, che amava gli onori che dappertutto venivano riservati al marito. Ecco come la biografa ne racconta le conseguenze:
Quella sera, apparvero striscioni con la scritta Evviva Giulio Verne, mentre i balconi erano pieni di lanterne veneziane. Scambiandolo per suo fratello, una ragazza offrì a Paul Verne una corona di alloro. La gente voleva portarlo in trionfo sulle spalle. Honorine e i tre ragazzi erano fuori di sé dalla gioia e per l’entusiasmo. Jules nel frattempo si era ritirato a letto. Finse anche di russare sonoramente quando sua moglie arrivò con la corona di alloro, che lui depose senza farci caso su un’urna. Per fortuna la ragazza che l’aveva portata in dono non deve averlo saputo. Ma in che modo meraviglioso l’Italia omaggiava gli artisti in quei tempi…
Tornato a casa ad Amiens, Jules Verne si trovava in una situazione economica molto favorevole: abitava in una bella casa, i suoi libri vendevano, Honorine aveva la vita sociale che desiderava. La vita di Jules ruotava attorno alla sua scrivania e ai viaggi a Parigi per incontrare il suo editore. Il mare era stato il suo unico lusso fin dal 1868, quando era entrato in possesso della sua prima barca, la Saint Michel I, e poi della Saint Michel II. Per Verne i viaggi in mare erano anche una grande fonte di ispirazione, come abbiamo visto qui, e a quanto pare le varie Saint Michel erano il suo posto preferito per scrivere - “Amo questo mucchio di chiodi e assi, nel modo in cui si ama un’amante quando si hanno vent’anni”, aveva scritto anni prima a proposito della Saint Michel I.
Nel 1886 Verne decise comunque di vendere il suo yacht a vapore: mantenerlo costava troppo. L’imbarcazione passò di mano in mano e a un certo punto fu venduta al Principe del Montenegro: così la Saint Michel III navigò finalmente in quell’Adriatico in cui Verne non era mai arrivato.
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La notizia è riportata da Jean-Jules Verne, nipote dello scrittore, nella suo biografia del 1973.
È il santo a cui è intitolata l’abbazia di Mont-Saint-Michel in Normandia.
Prudent Allote de la Fuÿe era in realtà il prozio (o il nonno materno) di Jules Verne.
Lontana pronipote dello scrittore, pubblicò la sua biografia di Jules Verne nel 1928.