Tutti contro Oscar Wilde
Nel 1897, dopo due anni di carcere, il poeta si rifugiò a Posillipo insieme all'amante Alfred Douglas, nella speranza di trovare pace e ricominciare a scrivere. Invece fu l'ennesimo scandalo
Parto domani per Parigi, e spero poi di proseguire per l’Italia, se riesco a raccogliere il denaro. […] Se non riesco a scrivere in Italia, dove posso farlo? È la mia unica chance.
Con questa lettera, scritta nel settembre del 1897 da Dieppe, in Normandia, Oscar Wilde preannuncia il suo viaggio in Italia. La destinazione è Napoli, dove lo scrittore raggiunse il suo amante Lord Alfred Douglas, detto “Bosie”. La relazione tra i due era iniziata nel 1891 ed era costata a Wilde due processi, la bancarotta, l’arresto e due anni di prigione, in particolare nel carcere di Reading Gaol. Lo scrittore ne era uscito solo pochi mesi prima, nel maggio del 1897, e la decisione di ricongiungersi con “Bosie” generava ora preoccupazione e timore, quando non aperta ostilità, anche tra i suoi amici più stretti.
Tra i più critici sulla scelta di Wilde c’era Robert Ross, che pure aveva ospitato Wilde subito dopo il suo rilascio. Proprio a casa di Ross, nella cittadina francese di Berneval-le-Grand, Wilde aveva scritto La ballata del carcere di Reading. Da Napoli, lo scrittore prova a spiegare all’amico le sue motivazioni:
Il mio ritorno da Bosie era psicologicamente inevitabile e […] il mondo mi ci ha costretto. Non posso vivere senza l’atmosfera dell’Amore: devo amare ed essere amato, qualunque prezzo debba pagare per questo. Quando la gente parla contro il mio ritorno con Bosie, dì loro che lui mi ha offerto amore, e che nella mia solitudine e disgrazia, dopo tre mesi di lotta contro uno spregevole mondo di Filistei, mi sono rivolto naturalmente a lui. Di certo sarò spesso infelice, ma lo amo ancora: il semplice fatto che abbia distrutto la mia vita mi spinge ad amarlo.
Wilde e Douglas si stabiliscono dapprima all’Hotel Royal des Étrangers a Napoli e poi a Villa Giudice, a Posillipo. Anche se Wilde non lo scrive mai, mi sembra abbastanza evidente che anche lui spera di trovare in Italia l’esilio dorato che decenni prima avevano vissuto altri inglesi molto “discussi” come Byron e Shelley. Ma l’Italia non è più quella degli anni Venti dell’800: ormai è una nazione unificata, con un Parlamento e una libera stampa. E i giornali napoletani1 non ci mettono molto ad accorgersi della presenza di un personaggio come Oscar Wilde.
La stampa napoletana si è rivelata essere la peggior forma di giornalismo americano. Riempiono colonne e colonne su di me e scrivono interviste a un personaggio inventato. Vorrei che il mondo mi lasciasse in pace e pensavo davvero che a Napoli sarei stato tranquillo.
Oscar Wilde era già stato in Italia diversi anni prima, nel 1875-77 (ne avevamo parlato qui) e i suoi esordi poetici erano in qualche modo legati alla penisola.
Con questo nuovo viaggio in Italia il poeta aveva sperato di trovare abbastanza quiete per ricominciare a dedicarsi alla scrittura. Aveva pensato che il sud dell’Italia fosse abbastanza lontano dall’Inghilterra da permettergli di vivere la sua relazione privatamente, ma alla luce del sole. Ma già dopo poche settimane diventa chiaro che questo non gli sarà concesso. Tutti sono contro di lui. Nelle lettere che scrive da Posillipo, al ritmo di una o due al giorno, Wilde reagisce prima con incredulità, ma pian piano la consapevolezza si fa dolorosamente spazio, e assistiamo, invece che a una rinascita dell’artista (come era capitato a tanti viaggiatori prima di lui), alla perdita di ogni speranza.
La mia esistenza è uno scandalo. Ma non penso di dover essere accusato di creare uno scandalo perché continuo a vivere.
Davanti a me ho solo la fame o il suicidio - il secondo è l’unica scelta, visto che disprezzo il dolore. Il tempo è incantevole, ma non c’è sole nel mio cuore.
La mia calligrafia - un tempo Greca e graziosa - è ora illeggibile: mi spiace molto, ma sono davvero un fascio di nervi. Non mangio e non dormo: vivo solo di sigarette.
È il denaro l’arma con cui Wilde viene definitivamente costretto alla resa, quando la moglie Costance minaccia di tagliargli ogni forma di sussidio se continua a vivere con Bosie. Quando la stessa minaccia viene rivolta anche contro Douglas, i due non hanno altra scelta che separarsi.
Ho vissuto in silenzio e in solitudine per due anni in prigione. Non pensavo che al mio rilascio mia moglie, i miei amministratori, i guardiani dei miei bambini, i miei pochi amici e la miriade dei miei nemici combinassero le forze per costringermi, per fame, a vivere di nuovo in silenzio e in solitudine. Dopo tutto in prigione avevamo cibo di qualche tipo: era rivoltante, e reso disgustoso di proposito, e del tutto inadeguato a sostenere una vita salutare. Però, era cibo di qualche tipo. Il piano ora è che devo vivere in silenzio e in solitudine senza avere cibo per niente. E questo piano è portato avanti sul terreno della morale! È pensato per lasciarmi morire di fame o farmi saltare le cervella in un urinatoio di Napoli. Non ho mai incontrato nessuno in cui il senso morale fosse dominante che non fosse senza cuore, crudele, vendicativo, ottuso e totalmente privo del più piccolo barlume di umanità. Le persone morali, come loro stesse si autodefiniscono, sono semplici bestie.
In questa situazione di tensione continua, i contatti di Wilde con l’Italia e gli italiani sono minimi. C’è però l’amicizia con un giovane poeta, Giuseppe Garibaldi Rocco, da cui lo scrittore prende lezioni di italiano tre volte a settimana:
Sto diventato piuttosto bravo nella mia conversazione in italiano. Credo di parlare un misto tra Dante e e il peggiore slang moderno.
Nel 1901 Rocco2 tradusse in italiano la tragedia di Wilde Salomé, cosa a cui lo scrittore accenna nelle sue lettere da Posillipo:
Eleonora Duse ora sta leggendo Salomé. C’è una possibilità che voglia interpretarla.
Per il resto non ci sono visite alle città italiane, né viaggi alla ricerca di antichi templi e opere d’arte del passato… le settimane sono scandite da una tensione crescente e da una ricerca affannosa di denaro, fino a quando, in una lettera del 28 novembre 1897, Wilde scrive:
Al momento non so cosa fare. Bosie probabilmente tornerà a Parigi. Io non vedo altro da fare che continuare a stare qui e provare a portare avanti il lavoro letterario. Forse Adrian Hope [l’amministratore di Costance, ndr] potrebbe consigliare a mia moglie di continuare a versarmi una rendita a condizione che io non viva mai più nella stessa casa con Bosie, e siamo entrambi pronti ad accettare l’inevitabile, imposto ora a lui come a me. Non abbiamo scelta.
Così nel febbraio del 1898 Wilde lasciò Napoli per tornare a Parigi. Ma i suoi viaggi in Italia avranno ancora un’appendice, a Palermo e a Roma, di cui magari scriverò in un’altra puntata di questa newsletter.
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Spiace dover annoverare tra i giornalisti che tormentarono Oscar Wilde anche la scrittrice Matilde Serao, che nell’ottobre del 1897 pubblicò sulla sua rubrica su Il Mattino un articolo intitolato “C’è o non c’è”, firmato con lo pseudonimo Gibus: si può leggere qui.
Questo Giuseppe Garibaldi Rocco sarebbe un personaggio da approfondire. Oltre a essere un giovane poeta, fu proprietario della casa editrice Partenopea e autore, sotto lo pseudonimo di Arnaldo de Lisle, del romanzo L’uomo-femmina: qui ne è riportato un brano.