Firmato Pietro Paolo Rubens
Dal 1600 al 1608 il pittore fiammingo, poco più che ventenne, fu alla corte dei Gonzaga a Mantova, ma visitò anche Roma e Genova. Quel periodo è raccontato da alcune sue lettere, scritte in italiano
“I miei primi desideri erano di vedere l’Italia, e poi di vedere te in Italia, mio caro fratello. Ho realizzato l’uno, spero di realizzare l’altro”. Così il giovane Pieter Paul Rubens, alla fine del 1601, scriveva (in latino!) al fratello Philip, di qualche anno più grande di lui. Da sempre uniti da un legame molto affettuoso, i due fratelli si riunirono effettivamente a Mantova, dove il pittore fiammingo era in servizio alla corte di Vincenzo I Gonzaga. Lo testimonia il dipinto Autoritratto con gli amici a Mantova:
Rubens era arrivato in Italia nel 1600, a Venezia, dove - a quanto pare - aveva per caso conosciuto un nobile mantovano: gli bastò mostrare alcuni suoi lavori per essere “assunto” alla corte dei Gonzaga. Il duca Vincenzo, del resto, amava le arti: aveva preso in custodia Torquato Tasso dopo la sua prigionia a Ferrara1 e nella sua corte ospitò anche il giovane Claudio Monteverdi, il celebre compositore di madrigali.
Rubens aveva all’epoca 23 anni, e nel suo periodo italiano, dal 1600 al 1608, visse e lavorò tra Mantova, Padova, Roma e Genova. Era un’Italia molto diversa da quella che abbiamo incontrato finora. Siamo tra la fine del Rinascimento e l’inizio di una fase di declino: La Spagna aveva il controllo di gran parte della penisola (la Milano sotto la dominazione spagnola descritta da Manzoni ne I Promessi sposi è solo di qualche anno successiva), ma la Repubblica di Venezia era ancora molto potente. Altrettanto potenti erano i Medici: nel 1605 uno di loro venne eletto Papa (Leone X, anche se rimase in carica solo per 26 giorni) e soprattutto Maria de’ Medici proprio nel 1600 diventò regina di Francia. Nel frattempo, Galileo Galilei insegnava a Padova e stava per puntare il suo cannocchiale verso il cielo.
In tutto questo, Rubens visitò diverse città, copiò le opere del passato2, eseguì ritratti di vari nobili dell’epoca, venne “prestato” ad altri committenti… furono anni di formazione ma anche di lavori che già sembrano maturi. Da quel periodo ci sono giunte alcune lettere, che Rubens scriveva in italiano, firmandosi Pietro Paulo Ruebens, Pietro Paolo Rubens, Pietro Paolo Rubenis o Pietro Pauolo Rubenio.
Mah, non so da cosa dipenda questa indecisione, in ogni caso l’italiano di Rubens non è proprio facilissimo da leggere. Prendiamo per esempio una lettera del febbraio 1608 indirizzata ad Annibale Chieppio, consigliere del duca di Mantova, in cui il pittore ci racconta cosa voleva dire dipingere su commissione all’inizio del ‘600. Rubens aveva appena terminato la pala per l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria in Vallicella, a Roma, detta appunto Madonna della Vallicella, ma al momento di esporla, di “scoprirla”, si accorse che qualcosa non andava:
Sappia dunque Vostra Signoria Illustrissima ch’el mio quadro per l’Altar maggiore della Chiesa nova, essendo riuscito buonissimo, i con somma soddisfattione di quelli Padri i (ciò che rare volte accade) di tutti gli altri ch’el videro prima. Ha però sortito così sciagurata luce sopra quel altare, che a pena si possono discernere le figure non che godere l’esquisitezza del colorito, e delicatezza delle teste e panni cavati con gran studio del naturale i secondo il giudizio d’ognuno ottimamente rusciti. Di maniera ch’io vedendo buttato quel buono che c’è, ne potendo conseguire l’honore dovuto alle mie fatice senza che siano vedute, penso di non scoprirlo più, ma di levarlo de li, e cercare qualque meglior luce contutto ciò ch’el prezzo sia stabilito in ottocento scudi.
Rubens sarà pure ancora giovane, ma di certo non è modesto, e in più va dritto al punto: questo quadro qui non va bene, lo volete voi? Costa ottocento scudi. Per la cronaca, il duca disse di no.
L’esperienza italiana di Rubens giunse al termine solo qualche mese dopo, nell’ottobre del 1608. Così il pittore fiammingo spiegava al consigliere Chieppio i motivi della sua partenza dall’Italia:
La causa e che mi sono l’altrhieri venute malissime nove circa la persona di mia madre la quale stà di tal maniera indisposta che aggiunta al gravissimo male d’un astma la grave eta di settanta due anni non si possa sperarne altro fine che quel commune a tutti li humani. […] L’opera mia delli tre quadri grandi nella Chiesa Nova e finita e se non m’inganno riuscita la manco mala di mia mano, pur mi parto senza scoprirla per la fretta che mi caccia […] al ritorno di Fiandra potrò venirmene dritto alla volta di Mantova.
Tornato ad Anversa, il pittore depositò sulla tomba della madre, nella chiesa di San Michele, il dipinto originariamente eseguito per la chiesa della Vallicella. Rimarrà lì per due secoli, fino al 1811, prima di essere trasportato a Grenoble per ordine di Napoleone.
Rubens non tornò mai in Italia, ma ad Anversa si fece costruire una casa con corte e giardino in stile italiano (si può vedere qui). E l’Italia compare diverse volte nella sua opera successiva. Tra i suoi innumerevoli dipinti i paesaggi sono relativamente rari, ma uno è dedicato a Roma:
Poi, inaspettatamente per noi, nel 1622 Rubens pubblicò Palazzi di Genova, un libro interamente dedicato agli edifici che aveva visto nel capoluogo ligure, tutti illustrati da lui (sono tutti su questa pagina di Wikipedia). Ecco cosa scrisse nell’introduzione:
Vediamo che si va poco a poco invecchiando e abolendo la maniera d’Architettura, che si chiama Barbara o Gothica, e che alcuni bellissimi ingegni introducono la vera simmetria di quella conforme le regole de gli antichi […] come appare nelli Templi famosi fatti di fresco nelle città di Brusselles e Anversa. Li quali se per la dignità del Ufficio divino meritatamente doveano essere i primi a cangiarse in meglio, non però perciò si devono negligere li edifici privati, poi che nella quantità loro subsiste il corpo di tutta la città. Mi è parso donque di fare una opera meritoria verso il ben publico di tutte le Provincie Oltramontane3, producendo in luce li dissegni da me raccolti nella mia peregrinazione Italica, d’alcuni Palazzi delle superba città di Genova.
Come già per Turner, anche per Rubens consiglio la lezione della mia storica dell’arte preferita, Anna Torterolo, realizzata per la Mediateca Santa Teresa di Milano.
Questa newsletter è strutturata così: la maggior parte dei post raccontano storie che ho incrociato nelle ricerche per il fumetto sui viaggi in Italia a cui sto lavorando. Questi post sono accessibili a tutti. Un post su tre, ad esempio questo, è fatto invece di disegni miei e tavole in via di lavorazione. Questi post sono riservati a chi sottoscrive una delle forme di abbonamento previste (annuali o mensili): se non lo hai già fatto, puoi iscriverti dal bottoncino qui sotto.
Un altro modo per sostenere il progetto, altrettanto utile, è condividere un singolo post o l’intera newsletter. In ogni caso grazie di cuore!
Una storia di cui prima o poi parleremo, perché la cella del Tasso era meta di molti dei nostri viaggiatori. In breve, comunque: Tasso un giorno aveva dato in escandescenze insultando tutta la corte ferrarese, così il duca Alfonso II lo aveva fatto rinchiudere ritenendolo matto.
Ad esempio il British Museum conserva i disegni fatti da Rubens studiando lo Spinario, la scultura ellenistica ospitata ai Museo capitolini.
Degli oltramontani, cioè le persone provenienti dal Nord Europa, avevo scritto più in dettaglio in questo post.
Grazie per il giardino di Rubens e i palazzi di Genova, un bel modo d iniziare la settimana respirando l'Europa senza barriere temporali.