La penisola di Gustave Moreau
Il pittore francese - considerato il padre del simbolismo - fu un viaggiatore anomalo: alla vita mondana preferì i musei, e per lui l'Italia fu soprattutto un luogo di studio e raccoglimento
Per un po’ continuai a riflettere sull’inspiegabile familiarità di quel nome, Moreau. […] non so per quale strano meccanismo dell’inconscio, mi affiorarono alla mente le parole “I dolori… di Moreau”, era così? “I dolori…?”. Ma certo! La mia memoria fece un balzo indietro di dieci anni. “Gli orrori di Moreau.” […] era un fisiologo famoso e potente, assai rinomato nei circoli scientifici per l’immaginazione straordinaria e la brutale franchezza nelle discussioni. Era lo stesso Moreau?
Esiste una teoria secondo la quale H.G. Wells si sarebbe ispirato, per creare la figura dello scienziato folle e visionario protagonista de L’isola del Dottor Moreau (1896), da cui è tratto il testo qui sopra, al pittore francese Gustave Moreau, vissuto tra il 1826 e il 1898. È probabile che sia solo un caso di omonimia, ma è affascinante guardare da questa prospettiva ai dipinti di Moreau: paesaggi popolati da sfingi, angeli, centauri, dove umani e animali si intrecciano in un modo non molto lontano da quel che avviene per le creature del Moreau di Wells.
Più vado avanti nelle mie ricerche, più mi meraviglio nello scoprire collegamenti e intrecci tra i vari viaggiatori. Questo tra Wells (della sua esperienza italiana abbiamo parlato qui) e Moreau è un po’ tirato per i capelli, lo ammetto, invece l’incontro tra Gustave Moreau e Edgar Degas è provato: i due pittori vissero per un periodo insieme a Firenze, e si ritrassero a vicenda (qui abbiamo parlato dei viaggi in Italia di Degas). Entrambi erano in Italia per studiare i maestri del passato, ma è straordinario come poi abbiano preso strade totalmente diverse: Degas si diresse verso l’impressionismo, Moreau divenne il padre del simbolismo.
Moreau è un viaggiatore diverso da tutti gli altri, come vedremo tra pochissimo. La sua prima visita in Italia risale a quando aveva solo 15 anni, nel 1841: per l’occasione il padre gli regalò un album da disegno che il futuro artista non esitò a riempire di schizzi e studi, come per questa Torre di Pisa:
Il vero viaggio in Italia di Gustave Moreau avviene però nel 1857, e si trasforma presto in un soggiorno di due anni, con Roma come base. In tutto questo periodo l’artista si consacra totalmente allo studio: i suoi quaderni sono pieni di copie da Michelangelo, Raffaello, Botticelli, Carpaccio… nelle sue lettere1 Moreau si descrive come uno che vive esclusivamente “nella mia camera e nei musei”. “La mia vita qui non è quella di un turista sibarita” (Sibari era una colonia greca nel golfo di Taranto, nota per la ricchezza e la mollezza dei costumi dei suoi abitanti, dice la Treccani), scrive Moreau. E ancora:
L’Italia per un artista non è quella che ci si crea nell’immaginazione prima di averla vista. Non è il paese dei sogni, non è il paese delle dolci esistenze indolenti. È meglio di così. È il paese del lavoro e del raccoglimento.
Con i destinatari delle sue lettere, Moreau quasi si scusa - “dovete trovarle monotone e senza grande movimento”, scrive - e leggendo Roma, Napoli e Firenze di Stendhal (a proposito di intrecci!) si stupisce che in Italia si possa avere tempo per “rapporti mondani e sociali”. In breve, il soggiorno italiano di Moreau è quasi tutto dedicato allo studio e alle visite nei musei. A un certo punto però l’artista comincia a dedicarsi anche ai paesaggi, in particolare quelli di Roma e dintorni. Ne derivano una serie di studi che mi colpiscono per quanto sono diversi dalla produzione “ufficiale” (sono tutti conservati e digitalizzati dal Musée National Gustave Moreau).
Negli anni successivi, dopo il rientro a Parigi, i paesaggi italiani finiranno a fare da sfondo per i dipinti di Moreau. Una produzione a tema mitologico, storico, biblico ma con un’iconografia totalmente reinventata. Direi che è evidente in quest’opera:
Chissà se il rivolgersi all’interiorità, allo studio, al lavoro che contraddistingueva il suo soggiorno italiano ha avuto un ruolo nell’arte di Moreau. Io non ne so abbastanza, direi quindi di affidarci alle parole che scrisse Emile Zola dopo aver ammirato le opere di Moreau esposte al Salone di Parigi del 1876:
Dipinge dei sogni - ma non quei sogni semplici e benevolenti che facciamo noi, peccatori come siamo - ma sogni sottili, complicati, enigmatici, di cui non si arriva subito a comprendere il senso.
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Io, impressionista - Uno scorcio, o una certa luce, o a volte un suono. Sono le cose che mi rimangono quando da un viaggio è trascorso abbastanza tempo.
La forma dell’Italia - Fino a pochi secoli fa nemmeno i cartografi sapevano con precisione come fosse fatta la penisola. L'Italia che cambia forma nelle mappe di Greci, Romani e Arabi sarà forse l'incipit del mio libro.
Memorie e souvenir - Gli oggetti custodiscono ricordi, come sapevano bene due personaggi lontani nel tempo - l'imperatore Adriano e Goethe - ma simili nella loro veste di viaggiatori.
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Le parole di Gustave Moreau vengono da questo articolo. Ci sarebbe anche il libro di Luisa Capodieci Gustave Moreau: Correspondance d’Italie, ma non sono riuscito a trovarlo.